lunedì 28 marzo 2011

Una camelia per Marie Duplessis e madame Tetrazzini

Il mio viale delle camelie
E' strano come un fiore ti possa far viaggiare così tanto lontano con l'immaginazione da perderti tra epoche lontane, antiche storie e paesi stranieri.
Questo mi è successo l'altro ieri. Ammiravo con soddisfazione le mie camelie. Le fotografavo, le guardavo e le riguardavo. Poi a un certo punto, quando con l'obiettivo della macchina sono riuscita ad inquadrarle tutte ho avuto l'impressione di trovarmi in un viale di camelie. E su questa foto in particolare ho cominciato a viaggiare con la fantasia. " chissà che mi racconta internet di particolare su questa pianta ? " mi sono chiesta. Dal quel momento il mio viaggio lontano, senza biglietto, ha avuto inizio.
Le prime tappe, devo dire che erano abbastanza conosciute, un pò come quando ci si allontana da casa, ma a una distanza minima, per cui tutto è ancora famigliare.
E così rispolvero un pò le mie nozioni di base.
Marie Duplessis
La camelia entra nel mondo europeo nella prima metà del settecento, importata dal gesuita George Joseph Kamel ( da cui il nome ). E' originaria dal Giappone. E dai giapponesi viene considerata come il simbolo della vita stroncata, per via che il suo fiore si stacca intero dallo stelo, invece di cadere petalo dopo petalo, come avviene in genere. La sua pianta però ha un simbolismo completamente opposto, la longevità, poiché vive a lungo. Ecco a questo punto ero arrivata alla mia prima stazione, il capostazione faceva cenno di scendere se si era diretti per la fermata " lezioni di botanica ". Ma io non volevo scendere, volevo continuare a viaggiare. Ancora era troppo presto e poi il panorama si stava facendo via via sempre più interessante. Quel contrasto di simboli opposti tra pianta e fiore mi incuriosiva. Da una parte una vita finita senza aver avuto il tempo di invecchiare, i petali che non si staccano ne sono una prova. Non una ruga, solo l'avvizzimento, dopo la morte. Dall'altra la longevità. Quel qualcosa che continua nel tempo come simbolo di eternità. Ad un tratto in lontananza dal finestrino l'immagine di una bellissima donna, ma si! è proprio lei la signora delle camelie.Ecco che cosa mi ricordava tutto questo. D'altronde non poteva essere il contrario.Lei, morta in tenera età, a soli 23 anni, ma tuttora viva nel ricordo di ognuno di noi. Chi meglio di lei poteva rappresentare la pianta della camelia ? E cosi scopro che il vero nome era Marie Duplessis o meglio Rose Alphonsine Plessis.
Che il nomignolo di signora delle camelie gli era stato dato, ancora prima di Dumas figlio, dalla fioraia personale, madame Barjon, per la gran quantità di camelie che comprava.
Madame Duplessis infatti era solita  adornarsi di camelie. Per venticinque giorni al mese queste erano rigorosamente di colore bianco, mentre per i restanti cinque giorni erano di color rosso. E' a causa di questa donna che la camelia  entra con forza nel mondo letterario con il romanzo scritto da Alexandre Dumas figlio. La storia fortemente autobiografica, racconta la breve vita di Margherite Gautier e i suoi amori. Lo stesso Dumas la ebbe come amante e con amore la volle immortalare per i posteri.Tante le curiosità su questo bocciolo di donna. Ad ogni prima di teatro era solita vederla apparire con tre cose che non la lasciavano mai: l'occhialino, un sacchetto di dolci e ovviamente un mazzo di camelie.Camelie che non potevano essere scambiate con un'altro fiore " Non si osi credere di uscirne impunito. Sai che il profumo dei fiori mi fa star male " Questa è una citazione tratta dal romanzo " la dame aux Camelia " di Alexandre Dumas. L'eroina, Margherite, appunto, apostrofa il suo spasimante che involontariamente la disturba regalandole un bouquet di fiori molto profumati.Margherite porta con se le camelie perché sono poco profumate e non la fanno tossire. Anche se il viaggio sembrava ormai giunto alla fine, un'altra realtà si faceva strada nella mia mente. La dame delle camelie non fu solo un romanzo tratto dalla vita di Marie Duplessis, Dumas dopo qualche anno lo adattò per il teatro e dopo un pò di censura, fu scoperto da Verdi che trasformò il tutto nella leggendaria La Traviata. E perché non scoprire qualcosa di più su questa opera? Non sono mai stata una appassionata di questo genere di di musica anche se le storie che ispiravano queste liriche mi hanno sempre affascinato. E così vengo a sapere di un aneddoto curioso che vale la pena di raccontare.New York 1908: grande successo di Madame Tetrazzini appunto nella Traviata.Il pubblico è impazzito per questa cantante dal forte accento toscano e forte personalità.Chiede tutti i bis che è possibile chiedere. E così alla fine di una prova chiede di farsi recapitare in teatro qualcosa da mangiare per poi essere libera da impegni dopo la rappresentazione. Immaginate con quale patema d'animo si deve essere sentito il cuoco ( di origini italiane ) a dover soddisfare un palato così esigente.E invece con immenso stupore il piatto di spaghetti fu così tanto gradito dalla cantante da fare questa volta lei il bis.Il risultato divenne evidente nel momento della scena finale della Traviata. Il suo coprotagonista tenta di sollevare la Violetta morente, ma all'improvviso cede la presa e il tragico finale si trasforma in una risata collettiva.Seppe più tardi che da quanti spaghetti aveva mangiato la Tetrazzini non era riuscita nemmeno a mettersi il corsetto. Da allora questo piatto si chiamò Spaghetti alla Tetrazzini. Ricetta ovviamente subito riprodotta da me, Anche perché a  forse di camminare e camminare per strade e stradine un pò di fame mi è venuta.
I miei ricordi del tempo passato
Il mio carillon 
                                                                             
Madame Tetrazzini durante una prova

La Tetrazzini mentre si rifocilla


SPAGHETTI ALLA TETRAZZINI:

250 gr. di petto di tacchino saltato con poco burro e tagliato a listarelle sottili, gr. 500 di spaghetti spezzati, cotti al dente e scolati, gr. 100 di funghi affettati e rosolati, gr. 50 di mollica di pane fresco, 5 cucchiai da tavola di parmigiano grattugiato.
Per la salsa: gr. 30 di burro, 3 cucchiai da tavola di farina, 250 ml. di panna, 3 fettine di cipolla, 1 ciuffo di prezzemolo riccio, 2 foglie di alloro, sale, pepe, noce moscata e chiodi di garofano.
PREPARAZIONE:
Preparare la salsa con il burro, la farina e la panna, aggiungete la cipolla, il prezzemolo. la foglia di lauro ed i chiodi. Passatela al setaccio, insaporitela con il sale e pepe nero ed un pizzico di noce moscata. Rimettetela sul fuoco e quando il composto sarà vellutato e bollente, incorporatevi il tacchino, gli spaghetti ed i funghi.
Versare tutto in una pirofila da forno. A parte ammorbidite la mollica con un cucchiaio di latte e aiutandovi con una grattugia, spolveratela sulla pirofila: preriscaldate il forno a 190° , spolverate col parmigiano e fate cuocere per 10-15 minuti, fino a quando si sarà formata una crosta dorata. Servite immediatamente. Questa ricetta è stata fedelmente riportata, senza omettere niente. Credo che sia interessante scoprire gli usi e i costumi in cucina dei primi del novecento.

Spaghetti alla Tetrazzini
Inutile a dirlo Madame accompagnò il suo piatto con dell'ottimo champagne! e come poteva essere il contrario.
La cena della signora delle camelie
Le violette spontanee
 Un' ultima curiosità, questa volta mia personale.
Le violette ospitate
L'hanno scorso quando avevo comprato la prima camelia, dopo un pò ho visto spuntare sul bordo del vaso delle violette, che sono rimaste là fino ad ora. E' certo che non c'è niente di trascendentale in tutto questo, molto probabilmente nella terra che ho usato per rinvasare la camelia c'erano delle radici delle violette e quindi il tempo ha fatto il resto. Devo dire comunque che adesso che mi sono inoltrata in questo viaggio storico-romantico il sapere che la protagonista della Traviata si chiamava Violetta mi fa un pò fantasticare. Anzi a dire il vero mi ha talmente preso questa strana coincidenza che quando ho rinvasato le altre due piante di Camelia ho aggiunto nel vaso delle piantine di violette. Così per omaggiare lei la protagonista di questo mio racconto.

lunedì 21 marzo 2011

Laudato sì, mì Signore per sora nostra amata birra.


Eh si, sembra proprio che a dire "laudato sì, mì Signore per sora nostra amata birra " sia proprio lui, il poverello d'Assisi, San Francesco. Anche se morto ormai da secoli ( nel 1226 per l'esattezza ), il suo spirito continua a sentirsi là, dove visse gran parte della vita. Stiamo parlando del parco del monte Subasio. Questo monte , sin dal X sec. A.C., ha assunto un carattere di sacralità e misticismo, per la gente dell'umbria e non solo.Questa vasta area, di cui fa parte anche la città di Assisi ( le sue mura sono costruite con la pietra bianca e rosa di questo monte ) viene chiamata anche con il termine del monte di Assisi, tanto vivono l'uno verso l'altro, in una sorta di stretta simbiosi. E' un unione che si percepisce appena ti inoltri tra i suoi boschi e i suoi sentieri. Cammini tra il suo verde ed hai quasi l'impressione di trovarti all'interno della Basilica di San Francesco. Questo parco è un'area di natura protetta che dagli oliveti delle pendici, sale ai boschi di cerri, carpini, ornielli, aceri e roverelle, fino ai prati e ai pascoli della sommità. Nel suo interno il patrimonio storico artistico è di immenso valore. Non solo Assisi e Spello ( località da noi tutti conosciute ) , ma abbazie, castelli, piccoli borghi fortificati ed antichi monasteri. E proprio di uno di quelli che vi voglio parlare. L'antico monastero di San Biagio.
Costruito intorno all'anno mille, sui resti di un altare pagano per dare ospitalità agli appartenenti all'ordine dei cavalieri templari, l'antico monastero è conosciuto sin dagli inizi del 1300 quale canonica Ecclesie San Blasii. Alla fine infatti dell'epoca del templarismo, diventò una canonica dove ospitare monaci e pellegrini provenienti dal nord Europa e diretti, a piedi per devozione e penitenza , a Roma e successivamente in terra santa. Caduta in stato di abbandono è stata recentemente riportata al suo antico splendore grazie un accurato restauro durato otto anni nel pieno rispetto della storia del monastero.Ora è diventato il Relais San Biagio. Finestre a ogiva, possenti travature, architravi con richiami pagani templari e benedettini. Sui suoi muri sono scolpiti un trigramma di San Bernardino del 1427 e il simbolo Tau dei templari. Forse è stato tratto da uno di questi simboli il logo che rappresenta i prodotti di San Biagio, compresa la famosa birra. Chi può dirlo, cercherò di scoprirlo la prossima volta che andrò.
Ora l'antico monastero di San Biagio fa parte di un'azienda agricola e biologica di 50 ettari.
Già dal 1333 in questo luogo uomini sapienti coltivavano i preziosi tesori della madre terra.
Ora i monaci non ci sono più, anche se in qualche modo continuano a vivere in questi luoghi, grazie alle loro tradizioni  sopravvissute  attraverso vecchi scritti e ricette rimaste negli antichi archivi del convento. E come non poteva essere il contrario.............. Quando si ama tanto qualcosa, quel qualcosa rimane anche dopo la nostra morte no ?
E così dopo secoli è tornata a vita nuova anche la birra monasta, la bevanda che i pellegrini portavano con se nei loro viaggi. Tratta da antichi libri e seguendo accuratamente la ricetta madre è la prima birra monastica in Italia e come nei vecchi tempi vuole rappresentare nutrimento e ristoro.
Dopo la prima fermentazione in tini, viene imbottigliata e posta a rifermentare.Le materie prime poi sono essenziali all'ottimo risultato finale di questa birra. Orzo biologico di provenienza locale, acqua di Nocera Umbra , luppoli selezionati e lieviti migliori.
La tipologia della birra, appunto monasta, stà a significare una birra ispirata alla tradizione di produzione da parte di laici nelle immediate vicinanze di monasteri seguendo gli antichi insegnamenti dei Mastri birrai monaci.
La Monasta di San Biagio è di colore ambrato, arricchita con miele e alloro ( sette foglie per bottiglia ) della propria tenuta.
Altre quattro birre sono state ideate dal nuovo microbirrificio.
La Verbum, tipologia Weizen, di colore velato, con profumo di frutta, banana e vaniglia sul finale. Frizzante e molto fresca. Adatta come aperitivo e con piatti di pesce.
Il suo nome la dice lunga Verbum, in latino significa Verbo e descrive in modo significativo la caratteristica di questa birra.Una bevanda che apre al dialogo.
 La Gaudens, tipologia Pils, di colore chiaro, velato. Il bouquet che si percepisce è piacevole con varie profumazioni di malto e luppolo. In evoluzione , un pò di tostato. E' una birra dalla schiuma fine, compatta e aderente al punto che ogni sorsata ( se il bicchiere è ben sgrassato ) lascia un anello sul vetro. Come dice il nome latino Gaudens, vuole essere una birra che apporta gaudio e gioia. Un classico da assaporare con la pizza e primi piatti come carbonara e ragù bianchi.
La Ambar, tipologia Dark Ale, di colore scuro definibile come tonaca di frate ( tanto per rimanere nell'ambiente ). L'aroma è una scoperta di toni caldi di caffè e caramello. Ottima come fine pasto, con dessert sopratutto al cioccolato.
A  questa gamma di quattro birre, se ne aggiunge una stagionale.
La Noel è una  birra natalizia, di colore ambrato, con riflessi ramati.






L'artefice di tutto questo" ben di Dio" è lui il mastro birraio 
Giovanni Rodolfi.
Ex manager di punta della Heineken Italia, lo ritroviamo qua in questa oasi di pace. E' proprio vero come l'hanno definito nel blog di Birragenda " cambio vita e anche birra ". Te ne accorgi subito quando entri nel microbifficio ( dove micro stà per micro veramente ).
Lo intravedi tra tini e cisterne come se fosse " uno gnomo nel suo bosco ". Più che un microbirrificio lo descriverei come un microcosmo, con tutti gli elementi nella giusta portata di mano. Ti giri attorno e rimani stupito di quello che si può fare 
con poche persone. Si capisce in un attimo che non serve grandi imprese per fare grandi cose. A volte servono di più pochi uomini con grande cuore, come quelli che ho incontrato nella mia gita fuori porta a San Biagio. Entri in un minuscolo locale e tutta la passione per la birra è concentra in quei quattro muri. I ritmi sono frenetici, solo il tempo di degustare una birra. Ma non fa niente la fase dell'imbottigliamento deve andare avanti. Il motore non si deve fermare. Non importa Mastro Giovanni, non ti preoccupare, solo il tempo per qualche foto e poi ce ne andiamo come è giusto che sia.in punta di piedi, come siamo arrivati. Tanto è bastato uno sguardo rapido per portare via tante emozioni  e belle sensazioni. Torneremo sicuramente. A presto Mastro birraio.


































Salute a te Mastro birraio a presto!
E grazie ancora.

giovedì 17 marzo 2011

TANTI AUGURI ITALIA

Una cosa nata così ,all'improvviso, quasi misteriosamente.
Una ricorrenza, importante come quella di oggi , 150 anni dall'Unità d'Italia, a volte può sembrare banale forse scontato festeggiarla.Soprattuto nella nostra epoca, o meglio in questo momento pieno di difficoltà con grandi problemi che affliggono il  mondo intero. Come si può pensare a farsi gli auguri con tutto quello che sta succedendo sotto i nostri occhi, come il disastro del Giappone?
Poi però nonostante tutto qualcosa si muove dentro di noi.
E così ieri sera tornando a casa dal lavoro, televisione accesa, all'orecchio le notizie del disastro nucleare, qualcosa dentro di me ha incominciato a bollire. Un qualcosa di strano, di forte. incalzante.
Da prima è stato solo un pensiero così,facilmente rimovibile dalla mente " Si! adesso ci manca solo i festeggiamenti, ma sono cose stupide troppo stupide, guarda là cosa accade ...."
Poi, però più passava il tempo, più qualcosa dentro di me cambiava. Mi sono venuti in mente tutti i personaggi storici che hanno fatto l'Italia, giovani che hanno dato la vita per un ideale, la loro vita per noi ,per il paese dove ora stiamo vivendo. Ieri sera forse per la prima volta ho sentito dentro di me quel senso patriottico, che non avevo mai sentito prima. Ho sentito come un forte senso di richiamo.Come se il mio DNA rispondesse a qualcosa di profondo, di forte , scritto nei miei geni, Mi sono alzata dalla poltrona di scatto e ho detto a Giorgio " Cosa abbiamo nel frigo di verde, di bianco e di rosso ?" mi ha guardato come si guarda un marziano e mi ha risposto "Non mi dire che vuoi fare qualcosa per l'unità d'Italia? scusa ma potevamo comprare qualcosa se avevi questa intenzione " " lo so ma a me è venuta l'idea solo ora ". Con che cosa si festeggia di solito un compleanno? con una torta , ma non in questo caso.Gli italiani per me si possono unire solo davanti a un bel piatto di pasta, magari spaghetti. Ok! vada per la pasta. Ma il condimento? Allora il verde, vediamo un pò i piselli? no non mi piace quel tipo di verde, ho trovato! il basilico, magari quello piantato nel mio vaso, nella terra della mia casa, della mia Italia. Perfetto e con il verde ci siamo.Ora bisogna pensare al bianco e Giorgio " prendiamo il parmigiano" " guarda che il parmigiano è giallo non è bianco, fammi vedere meglio nel frigo, cosa c'è dentro quella vaschetta ? " " è stracciatella " " perfetta, bianca come il latte delle mucche dei nostri monti, può andare ". Ultimo colore il rosso, bè sul rosso non ci potevano essere dubbi, un bel sughetto con pomodori freschi, magari con un pò di melanzane, tanto per dargli sapore. Felici come bambini davanti a un nuovo gioco appena scartato, il tutto ha avuto inizio.Tra pentole, forchette ,taglieri e ingredienti la cucina ha preso l'aspetto a poco a poco di un grande quadro dove noi umili pittori stavamo disegnando qualcosa di speciale. Stavamo disegnando la nostra Italia, la nostra terra.E' vero per un pò questo giocare ci ha tenuti lontano dai cattivi pensieri. quasi sospesi nell'aria, in una dimensione quasi magica.Forse un'altra dimensione.Comunque ci siamo veramente divertiti. Soprattuto quando dopo aver versato gli spaghetti nella pirofila, abbiamo incominciato a dar forma alla nostra bandiera, al nostro tricolore. E facendo un pò discussione tra chi metteva il basilico e chi il resto il piatto ha preso forma, Un tricolore da sventolare,magari non come si fa con una classica bandiera, al vento. Internet ti prego soffia forte su questa bandiera, falla arrivare più lontano che puoi. Nelle case di tutti gli italiani sparsi per il mondo, nelle case di chi sta male.di chi non ha lavoro.............Porta serenità con i nostri colori nei cuori di ognuno.
Dai che aspetti soffia anche tu sul nostro tricolore...........................
E poi mescolando gli ingredienti ti rendi conto veramente di quanto a volte sia più semplice di come si pensi, unire l'Italia.
TANTI AUGURI ITALIA!!!!!!!!.

lunedì 14 marzo 2011

Una panizza al pastrami e un boccale di birra per il general Garibaldi

Una lettera indirizzata ad Ascoli del 27/01/1849 dice "Nella sera dal 24 al 25 corrente mese, giunse in questo luogo il Generale Giuseppe Garibaldi con una scorta composta da sei militari a cavallo, facendo il seguito suddetto fermata per una notte nella locanda di un tal Emidio Pulcini il quale ha fornito di tutto l'occorente i suddetti sei cavalli."
Si fa riferimento in questa lettera ad una locanda di San Benedetto del Tronto, in provincia di Ancona.
E cosi una sera di qualche giorno fa,girando alla ricerca di locali specializzati in birre artigianali,(sapete ormai da tempo, questa mia passione) ci siamo imbattuti in un antico pub chiamato "Il torrione ".Questo locale si trova nella zona del paese alto,situato proprio a pochi metri di distanza dall'omonimo monumento storico che sovrasta la città. Avevamo parcheggiato la macchina dietro al pub e camminando verso l'entrata del locale ci siamo imbattuti in una lapide affissa ad un vecchio muro di un palazzo,che descriveva appunto il soggiorno del Generale in quella casa.
Trovata l'entrata del pub ci siamo sentiti subito trasportati un pò indietro nel tempo.Vuoi la luce soffusa,vuoi l'arredamento retrò,vuoi l'architettura a volte il richiamo con Garibaldi è stato forte.Non ci volevo credere tra quelle mure dove ci trovavamo seduti per bere della buona birra,era stato ospitato,nientepopodimeno che Giuseppe Garibaldi.Ma non è stata solo questa influenza storica che mi ha affascinato.Mi ha colpito soprattutto quello che realmente è ora, come gestione e organizzazione.
A capo di questo pub c'è lui Nazzareno,che  da oltre 15 anni offre il meglio di sè.Ti si avvicina al tavolo e con occhio clinico capisce al volo il cliente che ha davanti per poi consigliare il genere di birra che più è vicino al gusto di ognuno.Dote rarissima soprattutto di questi tempi.Ma torniamo alla serata in questione, la tipologia del menù non è quello  che troviamo di solito in locali come questi.Qui non si offre la solita pizza, ma la Panizza. La panizza è una via di mezzo tra la pizza e il pane,Di forma allungata e schiacciata da farcire a piacere. L'ingrediente che si sposa meglio come farcitura è il Pastrami, carne di manzo affumicata che ha un sapore indimenticabile.


La scelta delle birre poi è stata veramente ben consigliata da Nazzareno.
Tanto per cominciare come aperitivo da bere insieme alle squisite stuzzicherie una bella Op&Top di De Molen, una bitter ale stupendamente bilanciata.
Seguita , come accompagnamento alla panizza con pastrami,da una irripetibile Amarillo sempre di De Molen.Questa birra prende il nome dal luppolo americano utilizzato.E una birra particolarissima caratterizzata da note agrumate ed erbacee.Io la definirei una birra al forte sapore di resina.















Grazie a Nazzareno per avermi fatto conoscere la birra De Molen di Menno Oliver del micobirrificio di Bodegraven nei Paesi Bassi. Ma questa sicuramente farà parte di un'altra storia che presto vi racconterò.Ah dimenticavo prima di uscire ho anche acquistato due birre ( sempre di De Molen ) da invecchiamento,la Rasputin e Bommen & Granaten.
Se volete un consiglio quando capitate dalle parti di San Benedetto non vi perdete questa chicca di locale.Sicuramente non vi deluderà.Parola anche di


Giuseppe Garibaldi.

Firma autentica di Garibaldi



Chissà se anche il grande generale avrà sorseggiato a suo tempo una buona birra,magari con un boccale simile a questo?

domenica 6 marzo 2011

IL SEGRETO DEL DOMINO GIALLO NEL CARNEVALE DEL 1874

Dipinto dell'Achilleion di Corfù
Il Carnevale per me ha sempre rappresentato una festa dove il travestimento, la maschera, porta le persone ad abbandonare per un attimo la propria identità,e forse anche la propria esistenza.Ci si tuffa nei panni che non sono i nostri ed è un pò come vivere la vita di qualcun'altro,anche se solo per una sera.Ecco perchè quando ho letto questa storia del passato,storia realmente accaduta,non ho potuto far altro che avvalorare le mie tesi.
Siamo a Vienna ,nel febbraio del 1874.
La città si stà preparando con gran fermento alla notte del martedì grasso.Alla corte ci sarà una grande festa,ed Elisabetta (Sisi) la onorerà con la sua presenza.Ma la principessa odia questo genere di feste,sopratutto odia quel genere di invitati.Il marito è fuori in viaggio,per cui dopo aver recitato un pò la parte,annoiata,saluta tutti e si ritira nelle sue stanze.In quella notte le cameriere andranno a ballare.Eh! si quella si che sarà una vera festa,in un baleno ha già architettato un piano niente male.Quella sera anche lei ha voglia di divertirsi.Un'occasione come quella non le capiterà mai più.Un bel travestimento e nessuno saprà riconoscerla.Come ogni anno, nella sera del martedi grasso,ci sarà un ballo mascherato che si terrà nella sala della Società della musica.Per questa occasione le dame saranno mascherate,mentre gli uomini avranno il viso scoperto.Il cuore le comincia a battere forte e la follia ha inizio.Tutti la dovranno chiamare Gabriella, nome preso in prestito dalla sua cameriera.Indosserà un domino di broccato giallo,mentre la sua dama di compagnia un domino rosso.Il domino altro non è che un ampio mantello con cappuccio, che veniva usato dagli antichi veneziani.Lo usavano sopratutto le donne, perchè consentiva di celare ancor meglio la persona.Anche la pettinatrice è stata avvertita.A lei questa sera aspetta un compito non tanto semplice.Di solito le si chiede di mettere in risalto la capigliatura della giovane Sissi, ma stasera no,deve addirittura farla dimenticare.E' difficile infatti, ridurre l'enorme massa di capelli.Tuttavia riesce a dissimularla sotto una parrucca bionda.La mascherina nera orlata di un lungo pizzo nero e........................che l'avventura abbia inizio.Quando le due donne entrano nel salone da ballo,la festa è al culmine.Per Elisabetta si stà relizzando un sogno,vedere senza essere vista.Continua comunque a nascondersi dietro il suo ventaglio.Ma attenzione potrebbe essere un segno di riconoscimento.Meglio chiuderlo subito, perchè aggiungere una maschera a un'altra maschera?non ha senso.E' arrivato ora il momento però di incominciare a gicare."Scegli qualcuno che ti piace?"propone Ida a Sissi " e io lo condurrò a te".In men che non si dica la preda è stata avvistata. Si tratta di Frederic Pacher di Theinburg,funzionario presso un ministero.I due passano insieme tutta la serata.Ma quel segreto rimarrà sempre celato,nonostante le innumerevoli lettere,che ci saranno tra i due.Poi cala un silenzio che dura 11 anni,all'improvviso Pacher riceve di nuovo notizie dal domino giallo,notizie ma ancora niente che riguarda l'identità sconosciuta della giovane. Solo nel 1934 all'età di 86 anni Frederic riceverà il primo biografo di Elisabetta.Egli rivelerà al vecchio signore ciò che il giovane a suo tempo già sapeva."Il canto del domino giallo, te ne ricordi? quel salone illuminato nella notte?.....Un'ultima pressione della mano,e dovetti fuggire,no, non potevo svelarti il mio viso,ma illuminai la tua anima.Ed era molto di più,amico mio!".
La statua di Sissi nel parco dell'Achilleion




" fra tutte quelle maschere multicolori,
   che rumore,che strepito,che chiasso,che grida!
   girano vorticosamente come moscerini,
   felici,al ritmo di una folle musica di valzer.

   ma noi due abbiamo scelto la sorte migliore;
   ci siamo seduti in carrozza,
   trovando subito il calore di un nido;
   e l'oscurità ci avvolgeva......."




Che magica storia e che magico Carnevale!