lunedì 18 luglio 2011

Ricette dal monte Athos e dai monasteri del mondo

Domenica un po' strana questa. il sole gioca a nascondersi tra le nuvole, qualche folata di vento mi regala un pizzico di refrigerio.
Tipico clima dal " dolce far niente ".
Finisco rapidamente le mie " faccende di casa " un po' svogliata prendo qualche libro e  me ne vado in giardino.
L'ultima volta che sono andata ad Atene ho comprato ( tanto per cambiare ) dei libri di ricette.
Due di questi sono molto particolari e descrivono le ricette dei monasteri che si trovano nel monte Athos e nel mondo in genere.
Personalmente ho iniziato a visitare i monasteri in Grecia. Ho trovato in questi ambienti un mondo nel mondo. Varchi l'entrata e senti da subito un'atmosfera diversa. Il tempo sembra essersi fermato dentro quelle mura che trasudano di antiche tradizioni e pezzi di storia.
La pace regna ovunque e la natura sembra fondersi con questi eremi al punto da sentirsi sospesi nel vuoto. C'è un luogo poi che riassume più di qualsiasi altro posto tutte queste sensazioni appena descritte: Le Meteore.
Chi non ha mai sentito parlare di questo posto magico? Ma credetemi trovarsi là e tutta un'altra cosa.
L'unico rammarico è quello  di averlo visto nel modo " mordi e fuggi " visto che era una tappa fuori programma. Ma quel poco è bastato per arricchirmi di sensazioni ed emozioni particolari.
Una Pasqua freddissima, quella passata, ma il calore di questi monasteri ti scaldava il cuore al solo guardarli.Avendo poco tempo a disposizione decidiamo di andare a visitare il monastero più grande delle Meteore, appunto " la grande meteora ", Vorrei parlarvi di tutto quello che ho visto, ma è praticamente impossibile, non basterebbe un libro intero.
Però una cosa vi voglio raccontare: le tradizioni in cucina di questo luogo.
Oltrepassi la soglia di quella che era la loro dispensa e una moltitudine di cose, di oggetti e attrezzi strani ti affollano la mente.

L'occhio non sa più cosa guardare prima e fotografare sembra l'unica cosa migliore da fare per portarsi via il più possibile da questa esperienza.Botti, damigiane, utensili vari profumano di pasti preparati con ricette antiche.
Macchine agricole, antenate delle moderne e sofisticate attrezzature compiuterizzate del mondo di oggi, sporche ancora dei residui alimentari (granoturco, farine varie...... ) fanno da scenario a uno stile di vita ormai passato.
Torchi e presse varie dove il forte odore del legno e del mosto è ancora presente. Sembra di essere catapultati indietro nel tempo e di poter ancora sentire profumi di uva, di olio e..........vociare di monaci indaffarati nelle loro attività quotidiane.
Ho quasi l'impressione che uno di questi ci stia facendo da guida e davanti a noi scopriamo la vecchia cucina del monastero. Vecchi lavabi costruiti nella roccia colme di stoviglie ancora da lavare, il tutto illuminato dalla sola luce esterna.
Pentole di ogni forma e dimensione fanno sfoggia di se accanto a taglieri consumati dall'uso.
Da li a poco la stanza del refettorio dove si riunivano in silenzio per mangiare ciò che avevano preparato e cucinato in grazia del Signore.
Ci sono ancora i loro piatti, le loro posate sopra quei lunghi tavoli, non più messi come se qualcuno si accingesse a mangiare ma con fare di esposizione, come si addice a un museo.
Eppure non si può rimanere indifferenti a questa visione e se mi estraneo un po' dal contesto attuale mi sembra addirittura di avvertire il fruscio delle tonache e il tintinnio delle stoviglie.
Peccato che il tempo passi in fretta, senza accorgermene il pomeriggio è volato, è ora di andare e lasciare questa isola di serenità.
Fuori il tempo è bruttissimo, sta incominciando a nevischiare. Che strano dentro il monastero mi sembrava di essere fuori anche dalle stagioni e dal clima. L'aria era ferma a " temperatura umana " più che a " temperatura ambiente ".
Ora però ritorniamo a questa domenica di luglio.
Nello sfogliare il libro che vi avevo descritto all'inizio del post una ricetta mi salta all'occhio come fattibile, per capirlo che è anche scritto in greco, sicuramente è così. Chiedo conferma al secondo chef che in traduzione simultanea dice " si può fare " e anzi aggiunge " lo possiamo cucinare nello stile dei vecchi monaci, accendendo la legna con il treppiede per appoggiare la pentola, fuori nel ripiano del barbecue ".
Grandioso, anche se mi fa un po' strano cucinare un sugo fuori nel giardino, perché la ricetta in questione è proprio un sugo per condire la pasta.
Mentre lo chef greco prepara il fuoco, io mi accingo a sistemare tutti gli ingredienti da portare "all'aperto ". La ricetta si chiama " saltza domades laderì " ( scusate il modo fai da te di scrivere in greco ) ovvero " salsa di pomodoro all'olio ".
Ingredienti: 1 kg di pomodori maturi tritati, 1 tazza da the di olio, 1 cucchiaio colmo di farina, 2 scalogni con " infilzati dei chiodi di garofano ", mezza stecca di cannella, bachari ( una spezie molto usata in Grecia ), noci tritate, sale e pepe.
Questa è la ricetta originale, alla quale ho aggiunto delle salsicce di cervo ( comprate a Metzovo ) tagliate a dadini che non starò qui a descrivervi perché solo loro meritano un post a parte.
vecchia cottura
 Preparazione:
Mettere su una pentola di coccio una tazza di olio.
Quando questo inizia a bollire versare un cucchiaio di farina e con un mestolo di legno girare piano per evitare di formare i grumi.
Appena la farina assume un colore rosato aggiungere il pomodoro tritato.
Successivamente inserire gli altri ingredienti, lasciando la salsiccia di cervo alla fine della cottura. Aggiustare di tanto in tanto un po' d'acqua per dare al sugo la consistenza voluta.
il sugo in preparazione sulla brace
vari ingredienti con sullo sfondo il libro della ricetta
sembra quasi che questo monaco esca dal libro per cucinare
maccheroni ruvidi trafilati in bronzo
Nel frattempo lessare la pasta. La scelta è ricaduta questa volta su dei maccheroni ruvidi con trafilatura in bronzo.


Condirla con il sugo e spolverare su ogni piatto con una manciata di noci pestate con il mortaio.
Sapori di altri tempi in antiche ricette.
Certo che questi monaci ci sanno proprio fare in cucina.
Non sembra anche voi ?

mercoledì 6 luglio 2011

Ri Quadro al sugo di pincicarelli e violino d'agnello

Questo titolo sembra un pò uno scioglilingua, ma in realtà è più semplice di quanto sembri.
In questi giorni, dalle campagne marchigiane, c'è stato un forte richiamo da parte di un ortaggio non tanto valorizzato in cucina: il cardo o meglio la base del suo fiore.
Perché vi dico questo?
Ora vi racconto la storia.
La scorsa settimana ho accompagnato mio marito dal dentista ( e mi sa che tocca anche a me ) a un certo punto, parlando del più e del meno, il discorso è caduto sulla cucina ( tanto per cambiare ) e con mia sorpresa sono venuta a conoscenza di un ingrediente molto conosciuto dalle mie parti, ma a me completamente sconosciuto: Il pincicarello.
Come è strana la vita. Conosciamo a volte le più svariate spezie, provenienti da tutto il mondo, un altro pò sappiamo anche che cosa mangia un eschimese e ironia della sorte non sappiamo cosa cresce nel nostro orto.
Dovete sapere che i pincicarelli non sono altro che la base di sostegno dei fiori del cardo.
In dialetto anconetano il termine pincicarello deriva dalla parola pincicare o puncicare che tradotto in italiano significa pungere.
Infatti questo ortaggio si presenta pungente, al punto che per prepararlo si mette da prima in centrifuga per eliminare tutte le spine.
Il pincicarello viene raccolto prima che si apra l'infiorescenza.
Il suo sapore è a metà strada tra il cardo e il carciofo, infatti dalle nostre parti lo si prepara anche alla giudia.
Ma torniamo a noi, dunque eravamo rimasti dal dentista al quale ovviamente abbiamo chiesto anche dove potevamo trovare l'ingrediente in questione.
E qui casca l'asino.
Conosciutissimo e anche raro, visto che solo un vecchietto a Falconara, sembra che ancora lo raccolga, previa prenotazione.
Uh! questo cosa mi incuriosisce sempre di più.
Peccato che è già tardi, ma domani pincicarello mio non mi sfuggi.
E così l'indomani eccoci pronti, come due investigatori privati, alla ricerca del pincicarello perduto.
Per non destare sospetti entriamo nel piccolo negozietto di frutta e verdura e incominciamo a comprare un pò di cose: roscani ( detti anche agretti ), fiori di zucca etc...... A un certo punto così, facendo finta di niente, mi rivolgo alla signora dietro al banco e le dico " avete i pincicarelli ? " .
La signora a voce alta chiede a sua volta " ci sono più i pincicarelli ? ".
Ed ecco all'improvviso compare lui, il vecchietto o meglio " il pincicatore " cioè colui che raccoglie i pincicarelli, che dice " ce ne sono rimasti un pò ".
" Ve li preparo per domani ? " qui mi sa che ha visto la nostra faccia un pò sconsolata e ha aggiunto " va bene per stasera alle sette? " , " benissimooooooooo" rispondiamo noi in coro.
Alle 18:59 eravamo già di ritorno e i pincicarelli ci stavano già aspettando.
Sistemati dentro una bustina immersi in acqua e limone, per non farli annerire, li scrutavo come si fa attraverso il vetro di un acquario, davanti a uno strano pesce tropicale.
Il bello è che qui non c'è niente di tropicale, più casereccio di così si muore.
Non vi dico in macchina, durante il tragitto, tutte le ricette possibili e immaginabili passate in rassegna. " Ci facciamo la frittata ? " " ma no troppo scontato " " li facciamo in putacchio ? " " guarda che su internet è rifatta e strarifatta! " " allora alla giudia ? " " si così il ristorante La Moretta dice che gli abbiamo fregato il menù ".
Alla fine, ragionando fitto fitto optiamo per una salsa con cui condire la pasta e siccome il pincicarello è un ingrediente diciamo, molto particolare, bisogna mettergli vicino altrettanti ingredienti particolari e qui spieghiamo passo passo la ricetta.
Già il titolo è tutto un programma " Ri Quadro al sugo di pincicarelli e violino d'agnello ".
Iniziamo dagli ingredienti. Scelta fondamentale il tipo di pasta.
Stiamo parlando di una pasta proveniente dall'antico pastificio rosetano in auge dal 1898, il pastificio Verrigni situato a Roseto degli Abruzzi.http://www.verrigni.com/
Quest'anno per celebrare i 150 anniversario dell'unità d'Italia, ha inserito nel suo vasto catalogo dei formati molto particolari.
Quello utilizzato per la ricetta in questione è il Ri Quadro, dove Ri sta per rigatoni e Qua sta per quadrati, infatti si tratta di rigatoni dalla strana forma quadrata.
Il bello di questa novità è che mantiene molto bene la sua forma anche dopo la cottura, risultando così gratificante all'occhio e infatti si presenta ottimamente, ma sopratutto, essendo cosi conformata, riesce a trattenere tanto sugo al suo interno.Insomma una vera delizia , credetemi da provare.
Altra scelta fondamentale il violino d'agnello.
Durante una piccola escursione floro-gastronomica dalle parti di Stresa abbiamo girovagato un pò in zona Val D'Ossola, una estesa valle della provincia del Verbano-Cusio-Ossola e qui ci siamo imbattuti in un salumificio artigianale Il Divin Porcello situato in località Masera ( VB ).
http://www.alpeveglia.it/divinporcello/salumi/ con annesso ristorante http://www.divinporcello.it/ che è una vera chicca.
Tra i vari acquisti, nella nostra valigia ha trovato posto anche il violino d'agnello aromatizzato con ben 12 erbe.
Tranquilli comunque che gli altri ingredienti sono di più facile reperibilità.
- 3 spicchi d'aglio, formaggio parmigiani, sale  (dolce di Cervia), olio evo, Verdicchio dei castelli di Iesi, pepe nero macinato al momento e ovviamente i pincicarelli.
Preparazione:
Far soffriggere in una padella di rame il trito d'aglio con l'olio. Appena il soffritto incomincia a imbiondire mettere il violino d'agnello tagliato a dadini. Far rosolare bene il tutto e aggiungere i pincicarelli tagliati in due.
Sfumare con il vino. Appena il verdicchio ha evaporato, salare e pepare.
Nel frattempo lessare la pasta ( il tempo di cottura per i Riantiaderente perché più grande ) e spoverizzare il tutto con formaggio gratuggiato.
Non perché l'abbiamo fatto noi ma è proprio un primo con i fiocchi.
Ora torniamo però all'inizio del mio post dove dicevo che in questi giorni dalle colline marchigiane c'è stato un forte richiamo da un ortaggio conosciutissimo dalle mie parti ( tranne che da me ) e quasi sconosciuto altrove, il cardo e il suo fiore.
Sapete perché dico questo? perché stamattina apro blogger e trovo un simpaticissimo post di un blog che seguo con piacere Letto & Mangiato dal titolo " un mazzo di cardi in seme dall'orto antico " di cui vi consiglio la lettura, se non l'avete già fatto.http://lettoemangiato.blogspot.com/
Be! che dire sembra proprio un richiamo dalla nostra tanto amata terra marchigiana.
Ma che state facendo ancora siete la ? Un consiglio, se siete da queste parti o meglio siete di queste parti mettetevi alla ricerca dei pincicarelli. Chissà quante emozioni avranno da regalarvi.
E poi le Marche è una regione bella anche da vedere e sopratutto da assaporare. A presto quindi dalle mie parti.