sabato 29 giugno 2013

Da un sogno del Monte Athos una sua ricetta " Μύδια γεμιστά " ovvero " cozze ripiene "

Non ricordo di essermi mai imbarcata a Ουρανοπολις

né di essere mai sbarcata nel piccolo porto di 
Δαφνι, ma io ero li, comunque.
Senza trucchi e senza inganni e senza travestimenti in abiti maschili, io ero li.
Abbagliata da un paesaggio mozzafiato, un paradiso in terra. Rimango folgorata dalla luce che emana questo posto, quasi " anestetizza " la pace che si respira. Il mare poi, è di una trasparenza unica. Mi siedo alla riva ad ammirarlo. Che strano, il tempo qua sembra che scorra più lento, al punto da poter ascoltare in maniera tangibile, i secondi che passano.  
" Ευλογιτος ", ad un tratto una voce alle mie spalle rompe il
silenzio che c'è intorno. Un'altra voce, dentro di me, senza che me ne renda conto, risponde di getto "  ο Κύριος ".
Ho la sensazione che stia accadendo qualcosa di unico, ma non so ancora cosa. Mi volto e lo vedo.
Un monaco si presenta ai miei occhi. Indossa una lunga tonaca nera. Dal copricapo fuoriescono lunghi capelli bianchi. La barba, anch'essa lunga, definisce un viso di una straordinaria bellezza. Ma non è la bellezza alla quale siamo abituati. C'è qualcosa che riflette da quel viso, che è fatto di semplicità, dolcezza e infinita serenità. Si ! tutto questo riflette dal suo animo, in maniera così forte, che si trasmette all'esterno.
" Da dove vieni ? " mi domanda in lingua greca. Ma come faccio io a capirlo ?, è una lingua che amo, ma che non conosco.
Perché improvvisamente riesco a comprendere le sue parole?
Rispondo immediatamente, credo in italiano........anche lui capisce ciò che dico. Ho compreso alla fine, siamo in un luogo dove non esistono differenze di lingua. Forse perché si parla con il cuore.........
Allora rispondo con una sola parola " da Itaca ", " Itaca? " dice lui, " bellissima isola ".
" Si! ma non da quella ", dico io.
" Esiste un'altra Itaca ? " aggiunge lui un pò stupito.
" Da Itacanelcuore ......, si lo so che può sembrare difficile, ma io credo di venire proprio da la. "
Mi guarda sempre più esterefatto. " Che luogo è ? ".
" E'..... il mio blog....". 
" Si si ho capito di che cosa parli, anche noi del Monte Athos ne abbiamo uno, anzi diversi ".
Monte Athos? Avevo capito che era un luogo speciale, ma non immaginavo così tanto.
" Le donne non sono ammesse qui, l'unica donna è la Madonna, questo è il suo giardino ".
" Vedi ", risponde lui pacatamente, " tu sei qui con lo spirito, con l'anima e non con il corpo ".
" Ogni spirito quà, se vuole, può entrare ....ma dimmi ", dice il monaco, " di che cosa parla il tuo blog? ". Il mio blog parla principalmente di cucina, di viaggi, di Grecia e tanto altro ". Improvvisamente il mio occhio cade su un sacco di rete di proprietà del monaco. Senza nessuna domanda ho la risposta " sono delle cozze che ho pescato io stesso stamane ". Rimango meravigliata per la seconda volta. Non solo qui ci si capisce anche tra lingue diverse, ma addirittura si ha la risposta ancor prima di fare la domanda. Questo posto è un luogo di intesa unica.
" Se vuoi ti insegno una ricetta segreta, proprio con le cozze........ma prima ti voglio spiegare un pò di cose che devi sapere, se vuoi riuscire veramente in cucina. "
" Innanzitutto, ci sono 7 punti fondamentali che devi tenere presente a proposito.
 α) Riguarda l'amore. Puoi mettere tutti gli ingredienti che vuoi, fare le ricette più elaborate, ma se manca l'amore verso le persone per le quali cucini, non ne uscirà niente di buono. Amore, apprezzamento e rispetto per i tuoi commensali, regola d'oro in cucina.
 β) Usa solo ingredienti sani e genuini, segui le tradizioni e i vari stili di cottura.
 γ) Estrema pulizia in ogni fase della preparazione.
 δ) Fai bene i tuoi programmi. Un cuoco che si rispetti deve pianificare il proprio lavoro in cucina, almeno due giorni prima. Questo per garantire la quantità  e gli ingredienti necessari.
 ε) Devi avere un gusto raffinato e un olfatto molto attento, se vuoi sorprendere le persone che ami.
ζ) Fai attenzione alle dosi e specializzati sull'uso della cipolla, sale, acqua, olio, erbe aromatiche e verdure.
 η) Usa strumenti semplici, con pulizia e ordine.

Ero praticamente senza parole. La semplicità con la quale descriveva l'arte della cucina, era sorprendente. A sentirlo ti veniva subito voglia di scendere in campo tra pentole, fornelli e quant'altro per mettere subito in atto i suoi consigli. Ma questo era il suo mondo, non la mia cucina quindi, non mi rimaneva che continuare ad ascoltarlo.

" Ma ora torniamo alla ricetta delle Μύδια γεμιστά ovvero Cozze ripiene.
Ingredienti: 1 kg. di cozze, 1 grossa cipolla, un pomodoro maturo o un cucchiaio di concentrato di pomodoro ( io ho utilizzato una confezione di pomodoro a pezzettoni Κυκνος di Ναυπλιον) , 1 1/2 tazza di riso ( che corrisponde a mezzo cucchiaino per cozza ), mezza tazza di olio, poco vino bianco, noce moscata, pimento ( μπαχάρι ), cumino, pepe, pinoli, noci tritate fini, castagne e uvetta nera, se volete.

" Dalle vostre parti si usano le cozze ? " eh! no qua lo sorprendo io, " ceeeerto che ci sono , noi li chiamiamo moscioli, provengono da una località vicino alla mia città  che si chiama Portonovo. Sono selvatici e sono considerati presidio slow foodhttp://www.fondazioneslowfood.it/pagine/ita/presidi_italia/dettaglio_presidi.lasso?-id=2954.
Tiro fuori l'ipad  e mostro al nostro amico monaco delle immagini di Portonovo.
 


 " Non è certo il Monte Athos, però è bello lo stesso, non è vero? ".
" E' un posto magnifico, ma quello in lontananza è un monastero? ".
" no no, è solo un vecchio fortino napoleonico, però a poca distanza c'è una piccola chiesetta , molto suggestiva ", mi salvo in corner. 
" Allora ", riprende il nostro cuoco, anche se sicuramente lo sai, voglio dirti come noi del Monte Athos puliamo le cozze.


" Innanzitutto vanno raschiate con il coltello e poi con la spugnetta metallica ( quella delle pentole, tanto per intenderci ). Tutto sempre sotto il getto dell'acqua corrente ".
" Adesso passiamo alla preparazione. "
" Una volta pulite bene le cozze, le mettiamo in un grande tegame per farle aprire". Quando sono aperte, scegliamo quelle che dobbiamo riempire ( quelle più grandi ) e con le altre facciamo un trito fine. Manteniamo l'acqua delle cozze da parte.
In una pentola mettiamo il pomodoro e la cipolla e facciamo soffriggere lentamente fino a quando non si sarà riassorbita tutta l'acqua. Aggiungiamo poi l'olio e le cozze tritate, sempre a fuoco basso e per pochi minuti.
A parte prepariamo i pinoli, il pimento ( pestato ), mezzo cucchiaino di cumino. pepe, noci tritate, castagne spezzettate. uvetta nera e noce moscata grattata.

Versiamo questi ingredienti nella salsa e dopo pochi minuti aggiungiamo il riso. 
Prendiamo ora le cozze e riempiamole con l'impasto preparato.
Sistemiamole così farcite  nella pentola e mettiamole sul fuoco, irrorandole con l'acqua dei moscioli, si evita così di mettere il sale.
Alla fine della cottura ( dipende dal tipo di riso utilizzato ) spegniamo il tutto con il vino bianco. 
C'è un profumo, cari amici, che si diffonde per tutta l'aria intorno.
"Un ultima cosa " dice il saggio monaco, "con lo stesso principio puoi fare anche la χτένια ( una specie delle nostre capesante ). 
Sai che ti dico.
Io intanto mi gusto questi moscioli, a le xtenie ci pensiamo un'altra volta.
Grazie tante caro monaco della ricetta e dei tuoi saggi consigli!

martedì 18 giugno 2013

" Una libbra di porchetta per 24 soldi "

 Da prassi ormai, quando ci si avvicina al sabato e domenica è d'obbligo scegliere il menù di " fine settimana ". Più che un obbligo è un piacere veramente. Quel qualcosa che ti tiene occupata la mente e non ti fa pensare troppo ad altro. Un hobby come tanti.
Stavolta la scelta ( del capo di casa ) è caduta su una cosa abbastanza semplice, semplice perchè quello che ci veniva richiesto ovvero la sola cottura, in teoria non prevedeva nessun tipo di preparazione.
" Che ci vuole a cucinare al forno a legna una porchetta già pronta ? "
Niente di più sbagliato!!!!.
A complicare le cose entro di scena io, che con la mia solita mania di approfondire " Tutto ", mi armo di connessione internet e inizio la navigazione verso il campo di ricerca " maiale ". 
Si, perchè bisogna iniziare dal maiale per arrivare alla porchetta ovviamente !.
Allora, il maiale è quell'animale che più di ogni altro si delizia a giocarellare nello sporco, un pò come fa un bambino piccolo che gode ad imbrattarsi tutto.
Ma con una differenza. 
Al bambino " sporcaccione " si dà in senso educativo, del " così non si fa ", mentre al maiale si dà del " brutto ".
Ecco che scopriamo il secondo nome del maiale, ovvero il " brutto ".
Brutto ma buono.   Plinio a proposito ci racconta che il porco aveva 50 sapori.    
Lo stesso Livio narra che Tito Quinto, ritrovandosi in Grecia per combattere contro Antioco, essendo stato invitato dal nobile Galcidenze, dopo aver visto tanta varietà di cibo sul tavolo, sia in quantità che in qualità, chiede al padrone di casa " ma come è possibile tutto questo ? ". La risposta  è breve quanto esauriente.  " Questo  ben di Dio proviene dal porco domestico, con la sola diversità di preparazione  e condimenti vari. Capisco adesso perchè Varrone, scrittore e militare romano disse che il maiale ci è stato dato  per deliziare il mangiare e che quindi rappresenta il piacere. Ora tramite Plinio e Plutarco possiamo ritrovare i fatidici 50 modi di condire questa preziosa carne. Ma! tranquilli, non scappate via perchè mi soffermerò  soltanto al punto 8 di tale rassegna, ovvero la porchetta.      
Dunque....." il porco, da sei mesi a due anni, tutto intero, ripieno di erbe odorose in questa patria (Bologna ) non si consuma molto ad eccezione del giorno di San Bartolomeo, invece ( e qui abbiamo
  motivo di sprigionare tutto l'orgoglio per la mia regione ) nelle province dell'Umbria  e della Marca si ritrovano in gran quantità tutte le domeniche mattina. Con soddisfazione dei poveri che con poco riescono a fare pasto con la propria famiglia ". Parole sagge queste ma da da quale fonte 





provengono ? Qui cari amici mi si apre un mondo! Scopro che tutto ciò è stato tratto da "        L'Economia del cittadino in Villa ". Lo scittore, un certo Vincenzo Tanara                                 
http://it.wikipedia.org/wiki/Vincenzo_Tanara, famoso agronomo di Bologna , descrive nei minimi dettagli ogni aspetto della vita rurale dell'epoca. Diviso in sette capitoli, c'è da perderci la testa, tante sono le nozioni tramandate da quel dì.

Confesso che ho rischiato di scordarmi addirittura il motivo della mia ricerca, così accattivante è questo trattato. Ma......il testo è scaricato nell'IPad  e quindi possiamo ritornaci quando vogliamo. Dunque.. continuiamo verso l'itinerario della porchetta. Porchetta però che non è nata nel 1600 quando ci viene descritta dal Tanara. Già gli antichi Romani, riferendosi al maiale lo chiamavano ""carne ambulante " e quindi da gustare in abbondanza e sopratutto  in allegra compagnia. Sempre secondo Plinio, fu Publio Servio Rullo, il primo che portò a tavola tra i romani, il maiale intero arrosto. La cosa da allora, sicuramente, fu molto gradita al punto di doverla addirittura " censurare ". Troppa spesa veniva fatta da questi romani un pò megalomani, che usavano non sò quanti ingredienti, molti dei quali costosissimi, per riempire il maiale. A proposito questa pietanza veniva chiamata il " porco 



troiano " per rimandare al cavallo di Troia " riempito " però di soldati armati.
Romani Romani......ma veramente avete creduto che fossero loro i primi a detendere il primato della porchetta? In verità si dice che già da tempo i Greci ( e ti pareva ) consumavano il maiale così " forgiato ". Sempre l'economo della Villa  ci racconta e descrive la magnificenza delle nozze di un certo Cerano di

Macedomia, tramandate da Ateneo. Dopo cinque cambi di portata e tavola, balli, salti e canti, comparve alla fine un grosso porco cotto arrosto, posto in un grandissimo piatto quadrato d'argento. Da allora, tante cose sono cambiate, nuove esperienze culinarie si sono aggiunte ai 50 modi annunziati precedentemente. E sapete perchè ?........Perchè non solo ogni città o terra ha contribuito a fornire ricette, ma anche ogni singola casa. Così che alle 50 modalità di cottura se ne sono aggiunte più del doppio. In qualsiasi modo si prepara però, la carne del maiale, secondo sempre Vincenzo l'economo, rimane una carne adatta a un pubblico con stomaco forte o grandi faticanti. Ci vuole fisico per smaltire tutto ciò. Non si può definire sicuramente " una carne da dottori, scrittori, pittori e via dicendo ". Veramente " cose dell'altro mondi " , però sempre curiose da conoscere. In fine è da sapere che con la porchetta nascono la figure dei porchettari, come vengono nominati dal libro della pesa del macello del 1682, ovvero coloro che oltre la salata offrivano alla gente la porchetta. E già con il tempo siamo passati dai banchetti e dalle libagioni, a un vero e proprio mercato, con tanto di regole e statuti. Scopriamo dunque, che la lavorazione della porchetta faceva parte di una regolamentazione che l'Annona imponeva con leggi ben precise. Così la porchetta, doveva essere ben cotta per essere venduta nella Piazza Grande di Ancona a 24 quattrini per libbra. Il maiale, non doveva superare il peso di 100 libbre e condita con aglio e finocchio. Tutto questo fà parte ormai del passato e anche se il passato ci aiuta meglio a capire il presente, che realtà completamente diversa ci si presenta ai nostri occhi. Intanto il Porchettaro l'ho sostituito con il macellaio di fiducia, che avrebbe dovuto pagare una pesante sanzione ( nell'epoca antica ) per aver superato di molto il peso richiesto. Doveva essere in realtà, una porchetta per quattro persone e ci siamo ritrovati invece un vero e proprio " porco troiano ". Che fare ? rinunciare 
all'impresa ? e tutto il lavoro di ricerca di questi giorni ? No ! decidiamo di affrontare comunque l'ardua impresa.
Innanzitutto prima difficoltà: non entra in frigo e quindi ? non possiamo di certo aspettare la domenica mattina per cucinarlo. Così h.: 13:00  in pieno sole  con 30 ° quasi, il baldo cuciniere Giorgio si arma ( nel vero senso della parola ) di calma e sopportazione per accendere il fuoco. A dorso nudo fa provvista di legna, la stipa ben bene nel forno, un due e tre e il fuoco è acceso. Tra ciocchi, rami e pigne la fiamma si fa sempre più ardente. Nel frattempo, si appresta alla pulizia del vecchio braciere, che servirà poi per appoggiarci la porchetta. E' veramente un vecchio braciere che abbiamo trovato in uno dei camini della nostra casa. La ruggine si sa, fa parte del tempo che passa, ma forse è meglio eliminarla. E così carta vetrata, limone, olio  e "olio di gomito" e .......torna bella bella come nuova.
Intanto la temperatura è arrivata a 300°, è ora di togliere la brace.Niente di più facile per il " draghetto, ormai diventato rosso fuoco dal caldo e dal sole. E così sfodera, come se fosse una sciabola, prima la paletta e poi la scopetta e il forno è pulito e lucido come un pavimento passato con mastrolindo. Occorre ora trovare qualcosa da mettere sotto la porchetta per non farla scolare direttamente nel forno, ovvero " una leccarda ", che raccolga tutti i succhi della carne. Trovato ! una grande teglia andrà bene. Così avvolgiamo la porchetta nella carta stagnola e ora come se fosse una enorme caramella, la spingiamo all'interno del forno.
Il tempo passa e dopo tre ore circa facciamo la verifica di cottura togliendo l'alluminio. Direi che l'aspetto promette bene! e qui entra il mio tocco.
Prendo rosmarino, finocchio selvatico, cipollotto tagliato a spicchi e..........


Piccola parentesi. Stamane, dal nostro ortolano di fiducia, ci vengono regalate due sporte di tolle. Ci viene detto che sono gli scapi floreali dell'aglio. Ma siccome per abitudine, non mi fermo mai alla prima.....definizione, corro a casa e ritrovo il suo significato in un libro di giardinaggio. Chiamatii anche cutilli e/o crastatielli, sono in reltà si gli scapi floreali dell'aglio, ma non di un aglio qualsiasi, ma addirittura del rinomato aglio rosso di Sulmona. Questi devono essere asportati, perchè la pianta venga stimolata a formare i bulbilli. Bè sembrano che siano una vera specialità , conservati sott'olio o in agrodolce. Cosa c'è  di meglio che sperimentare subito qualcosa. Allora, chiusa parentesi, riprendo rosmarino, finocchio selvatico, cipollotto tagliato a spicchi, pepe in grani e un pò di tolle e con una Ginnes in mano, mi avvacino al forno, lo apro, verso la birra nella leccarda e metto tutti gli aromi già citati prima.Continua la cottura e intanto in cucina c'è chi prepara una teglia di pomodori e zucchine



ripiene di riso, " sai, già che il forno è acceso approfittiamo..."


Ancora trenta minuti, è ora di girare la porchetta, che bucarellata con un coltello, raccoglie meglio il sughetto che con un mestolo versiamo sopra. Ragazzi c'è un profumo........da rimanere estasiati.




Sicuramente, aver comprato la porchetta già cotta, ci avrebbe risparmiato tanto tempo e fatica, ma vuoi mettere il 
" sapore caslingo " dal " comprato fatto e tutto ? " 
Cari signori un'altra cosa.... credetemi !.
Ora capisco perchè dall'epoca degli antichi greci si mangia la porchetta.
Perchè è una vera ghiottoneria !!!!!!

lunedì 3 giugno 2013

" Tempo di vacanza: destinazione insalata greca con la cariatidenelcuore "

Ormai, anche se il tempo fa le bizze,siamo arrivati alle porte dell'estate.
Estate che da sempre é sinonimo di vacanze.
Vacanze che vengono sognate un anno intero.Mete, itinerari, alberghi, camping e chi più ne ha più ne metta ma............" e qui casca l'asino " quest'anno c'é qualcosa di diverso.
Quel qualcosa che, dopo attente considerazioni ti fa alla fine dire " non si parte più ".
Tanti sono i problemi che ci affliggono in questo periodo e sempre più persone al giorno d'oggi sono costrette a rinunciare alle fatidiche vacanze.
Ma perché annullare i sogni coltivati con tanto amore?
Perché non concedersi lo stesso un " adesso stacco la spina per un po' ? ".
D'altronde si può partire anche senza percorrere km su km.
Viaggiare si può anche senza file interminabili in autostrada, senza ritardi di aerei, navi, treni........, senza  corse all'ultimo minuto.
Ma come?
"Partiamo" dal significato della parola viaggiare.
La pimpinella
           
Viaggiare significa " lo spostamento che si compie da un punto di partenza a un'altro, di solito distante dal primo " come attesta Wikipedia. Ma! e sottolineo ma! Ci si può spostare anche senza muoversi fisicamente, rimanendo materialmente ognuno nel proprio luogo di appartenenza.
E allora voi mi direte " che viaggio é se poi non vado da nessuna parte? ".
Olive greche, feta e pimpinella 

Ebbene basta pensare a una semplice cosa per comprendere a pieno il significato del mio pensiero.
Il viaggio alla fine che cosa é ? È quel qualcosa che ci arricchisce dentro.
Una miriade di emozioni, sensazioni rimangono indelebili dentro di noi come " marcate a fuoco ", ogni volta che entriamo in contatto con nuove esperienze.
Tramite i nostri sensi raccogliamo informazioni che vengono salvate nel nostro animo.
Il nostro cuore, come la memoria di un computer, non elimina nessun file archiviato.
Nel nostro cuore non c'é il cestino come sul desktop del Pc e non c'è problemi di memoria esaurita, perché la nostra memoria é infinita, anche se a volte non ce ne accorgiamo.
La fontana di ripieno

E allora proprio come avremmo fatto accendendo il computer, accendiamo,il nostro cuore e apriamo la cartella che più ci aggrada.
La mia cartella preferita, sotto la voce " vacanze " é........... tanto per cambiare riferita alla Grecia.
Nero di seppia nell'impasto

Quanti ricordi affiorano al solo pensiero.
Persino " la prima volta " in terra ellenica, anche se risale a tanti anni fa é così viva dentro di me, come se si parlasse della settimana scorsa.
La prima volta,il primo contatto con un mondo nuovo, la prima insalata greca .
Ecco dove voglio andare, voglio andare a ritrovare la sensazione che mi ha dato il primo assaggio dell'insalata greca.
Voglio tuffarmici dentro, come se fosse l'Egeo, sentire il suo profumo, il suo gusto, la sua particolarità.
Allora proprio come in un viaggio che si rispetti, prima di partire raccogliamo informazioni che potrebbero ritornarci utili a destinazione avvenuta,
" Partendo " dal fatto che il pomodoro é arrivato in Grecia nel 1818, non si può parlare d'insalata greca sicuramente prima di questo periodo.
Addirittura sembra che la " Σαλάτα " sia comparsa sulle tavole elleniche dopo la rivoluzione greca.
Prima di allora,  questo pasto frugale, veniva consumato con gli ingredienti mangiati singolarmente.
I pomodori venivano assunti a mo' di frutto intero. La stessa cipolla, come il formaggio erano singole pietanze.Allora quando nacque la famosa insalata greca , così come la conosciamo noi, con tutti gli ingredienti a loro posto?
La storia ci racconta che nel 1909 un emigrante greco in America, forse preso dalla nostalgia della sua terra, decise di mettere un po' dei componenti dell'alimentazione greca, tutti insieme in una ciotola e mescolarli.
Fú un connubio di sapori,  come se l'Oceano Atlantico si fosse trasformato improvvisamente nel Mar Mediterraneo.
Addirittura dalla finestra di un grattacielo di New York si poteva, con un po' di fantasia, intravedere l'Acropoli, tanto si respirava aria di casa.
A questo punto so già a cosa state pensando? " diamine! Tutti questi discorsi per presentarci una semplice insalata ? " . E qui vi sbagliate di grosso! Non fatevi trarre in inganno dalla semplicità della ricetta, perché poi tanto semplice non é .........
Come un pittore che sceglie dalla sua tavolozza il colore base per l'opera che va a comporre, io scelgo il nero, o meglio il nero di seppia, d'altronde una volta questo liquido veniva usato come inchiostro.
Allora a mo' di piccoli scrigni al sentore di mare, decido di rappresentare la mia insalata greca preparando......" Ravioli al nero di seppia al profumo di insalata greca ". Perché proprio i ravioli? Perché  per la loro forma mi ricordano tante piccole isole profumate di mare. Il sentore del nero di seppia riporta con il pensiero al Mediterraneo, mentre il suo colore tanto assomiglia alla terra vulcanica di Santorini, dove appunto assaggiai la mia prima insalata greca. 
La sfoglia al nero di seppia

Allora siamo pronti a partire? Prepariamo prima le valige!
Ingredienti per la pasta: Farina di semola rimacinata, quanto basta per le uova.
Uova, sale, nero di seppia( io ho messo una vescica )
Ingredienti per il ripieno: Feta, olive ( di Kalamata ) , pimpinella' un erba spontanea ( sanguisorba minor ) dall'aroma di cetriolo e dal proverbio significativo " pimpinella l'insalata la fa bella ". Un uovo.
Ingredienti per la salsa di condimento dei ravioli: Pomodori da insalata ( non troppi verdi ), tagliati a fette, cipolla ( anch'essa affettata ), capperi e foglie di capperi ( di Kythira )' origano fresco, olio evo.
Preparazione: Mettere a fontana la farina, incorporare le uova, aggiungere un pizzico di sale e il nero di una vescica.Lavorare l'impasto e tirare la sfoglia.Da questa ricavare tanti dischetti da riempire con l'impasto precedentemente preparato e chiudere a mo' di raviolo.
E la pasta è fatta!!!!!
Poco prima di far bollire la pasta preparare la salsa. Adagiare nella padella, proprio come se fosse un insalata, le fette di pomodoro, con sopra quelle di cipolla.Tuffarci dentro i capperi e spolverizzare con l'origano fresco. Irrorare il tutto con olio di oliva e un pizzico di sale ( non troppo perché la feta é salata).
Fate appassire il sugo lentamente. A cottura ultimata ( il pomodoro deve essere appena sfatto ), condirci la pasta, ,mettendoci sopra altro origano fresco.
L'insalata di sugo
A piatti fatti devo dire che l 'esperimento é ben riuscito. Ciò che volevo ottenere l'ho ottenuto.
Intraprendere un viaggio sensoriale senza biglietto di ritorno!
Be'! Come idea niente male e voi che ne dite? 
Siete pronti a partire?
Ravioloni al nero di seppia al sugo d'insalata greca

Alla fine di questo post però voglio aggiungere una cosa per me molto importante, che spiega anche il significato della parola " cariatide " che ho messo nel titolo.
Non é stato questo un anno facile per me e non lo é ancora.
Un fulmine si é abbattuto sulla mia persona e mi ha travolto la vita.
Ma!....... In tutto questo trambusto mi sento di ringraziare colui che mi é stato così vicino da non farmi sentire mai sola. Si! Caro Giorgio grazie tante, senza di te sarebbe stato inutile qualsiasi sforzo fatto per  sopravvivere. Questo post lo dedico a te, a te che non hai fatto altro che sollecitarmi di continuo per continuare a scrivere nel mio blog." Devi scrivere nella tua Itaca, non devi smettere, perché tu scrivi con il cuore, e quello che scrivi si sente nell'animo' .
Queste sono state le tue parole. Non potevo far finta di niente.
D'altronde sentirsi dire " sei tu la cariatide che regge tutta la mia vita " non é cosa da poco.
Grazie ancora con tutto il mio amore.