lunedì 7 maggio 2012

" Un fazzoletto di terra per San Ciriaco "


UN FAZZOLETTO DI TERRA PER SAN CIRIACO



le fave piccole piccole
la fava un po' più grossa
La memoria di un primo maggio appena trascorso mi fa tornare indietro nel tempo ai primi di novembre quando io e l’aiuto cuoco nonché contadino a tempo perso, decidiamo di piantare della fave. Dovete sapere che il nostro terreno non è dei più adatti alla coltivazione, essendo principalmente composto da tufo, ma fortunatamente la “ tigna “ non ci manca. Diciamo che a forza di zappare e rizappare è stato trasformato ( sicuramente non da me ) un piccolo quadrato di terra “ selvaggia “ in un bel fazzoletto di terra coltivabile. Già nel passato eravamo riusciti nell’intento di “ coltivazione diretta” con i pomodori prima e le papoule poi  (ricordate il post dell’erba X ? ) . 
la fava sotto la neve
Senza saperlo  becchiamo anche il periodo adatto. Secondo “ L’almanacco del vergaro “  ovvero la codificazione del calendario delle pratiche rurali,  il primo di novembre viene considerato un po’ come lo spartiacque del periodo più adatto alla semina, soprattutto per le fave. Infatti un vecchio proverbio dice “ le belle semiente ( il bel seminare ) quindici di innante e quindici dopo i Sante, chi primi può pija n’aspiette i restante “ a conferma di quanto scritto sopra. Ancora oggi comunque viene consigliato di piantare la fave nei giorni 2 novembre o in alternativa il 7 o il 17 o il 27 dello stesso mese rispettando quindi la cabala del numero 7, forse per collegarsi al fatto che sette semi dentro un baccello sono sinonimo di fortuna.
Fin qui dunque tutto bene, periodo azzeccato ma………..
le fave cresciute
Scopriamo in ritardo di un’altra credenza legata alle fave e cioè quella di passare i semi in un caldaio di rame, per preservarli dalle malattie. Scoperta arrivata oramai in ritardo, visto che i nostri legumi sono ormai a dimora, nel calduccio della terra. Bé incrociamo le dita e speriamo fortissimamente che alle nostre fave non succeda niente di male.
Nel frattempo un po’ di storia sulla fava non potrà che far accrescere il desiderio di poter raggiungere un buon risultato finale.
un bel baccello
Così scopro che già dall’antica Grecia la fava è stata oggetto di destini alterni. Odio e amore i sentimenti che hanno accompagnato questi legumi nel tempo.
Sorprendente era l’avversione di Pitagora e dei suoi discepoli. Pensate che il filosofo in fuga dagli scherani di Cilone ( Crotone )  preferì farsi raggiungere e uccidere, piuttosto che attraversare un campo di fave e mettersi in salvo. Al contrario scopriamo invece che durante la Pyanòpsia, una festa rustica, veniva preparata e mangiata una zuppa rituale  con questi vegetali.
campo di fave
In terra ellenica inoltre le fave assumevano un ruolo importante in tutte le cerimonie dedicate  alle anime dei morti, Una di queste chiamata “ chitri “ prevedeva, infatti di  lessarne in gran quantità per offrirle poi a Bacco e Mercurio. Il nome di questa festa sembra che derivi proprio da chittari, nome delle bucce delle fave e chitri, le speciali pentole dove venivano cucinate.
Forse l’utililizzo delle fave nelle celebrazioni dedicate ai defunti sembra derivare dal colore dei suoi fiori, che risultano bianchi ma macchiati di nero, colore molto raro nel mondo vegetale e da sempre simbolo di morte. La cosa più curiosa inoltre è quella di venire a sapere che le macchie del fiore vengono a formare la lettera tau greca, ovvero la prima lettera della parola thanatos, che significa appunto morte.
E anche qui arrivo non in ritardo, ma di più visto che quando scopro tutto ciò dei fiori delle fave nel mio campetto, ne sono rimasti ben pochi.
In tutta questa storia di leggende e superstizioni anche gli antichi romani non sono da meno.
Spargevano il feretro di fave, durante il funerale, mentre gli schiavi  buttavano i baccelli dietro alle loro spalle, come lamento per la morte del loro padrone.
Fortunatamente ci pensa Apicio a ritirare su il morale di questi poveri legumi, tanto da dedicargli, nel suo De res co quinaria, alcune ricette, in cui le consiglia addirittura accompagnate a uova, pepe e miele.
Quello che alla fine risulta importante, al di là di tante storie, è che la fava diventerà uno dei cibi preferiti della povera gente ed è così che la vorrò rappresentare nella mia tavola. Semplice e genuina. Ma di questo ne parlerò tra un pochino.
A questo punto so già cosa state pensando “ ma che c’entra il Ciriaco del titolo, con tutta questa storia delle fave ? “.
Dovete sapere che San Ciriaco è il protettore delle fave ? no !!!!! San Ciriaco è il protettore di Ancona e viene festeggiato il 4 maggio. Dal I maggio ( giorno del suo martirio ) nella mia città si svolge la fiera detta appunto di San Ciriaco o meglio San Ceriago ( in dialetto ). Anche qui avrei tante cose da dirvi, ma credo che mi sono fatta prendere un po’ troppo la mano dalle fave in questione e non vorrei farvi prendere le ferie per poter leggere il mio post. Ci saranno altre occasioni per approfondire l’argomento.
Intanto da quel lontano novembre ne è passato di tempo. Ma quello che devo dire è che niente, neanche la neve ( o meglio nevone ) ha impedito la buona crescita delle piantine.
si avvicina la raccolta
Certo che arrivare al I maggio e  riuscire a mangiare le proprie fave, scusate tanto, ma non è roba da poco. Vuoi mettere andarle a comprare al supermercato, o nelle migliori delle ipotesi dall’erbivendolo di fiducia e……. invece assaporare il frutto del proprio sudore con il profumo della tua terra ? Amici non c’è paragone.
ci siamo!!!!!
Certo che mai pubblicità poteva essere più azzeccata per descrivere questo mio pensiero “ certe cose non si comprano con la VisaCard “.  Verità sacrosanta, oggi che con la carta di credito non ci puoi comprare più neanche le cose materiali, con i tempi che corrono, pensa se si potessero comprare i sogni. Però, un semplice gesto, tirare fuori la card, esprimere un desiderio e vai……… Neanche Steve Jobs con la sua testa supertecnologica e l’aiuto del suo nuovo datore di lavoro ci possono riuscire. E poi i sogni devono rimanere sogni se no non ci sarebbe più la speranza e un mondo senza più speranza sarebbe bruttissimo.
il cesto colmo colmo di fave
primo piano del cesto di fave
baccello con 7 fave ( simbolo di fortuna )
che belle eh?
Ridendo e scherzando ecco arrivata la mattina del primo maggio. Trepidanti ( come bambini la mattina di natale sotto l’albero ) ci dirigiamo, ancora in pigiama verso il nostro campetto, munito di ampio cesto al seguito. “ Guarda che è troppo grande, non crederai di riempirlo tutto ? “ mi dice in modo canzonatorio il giardiniere a tempo perso. Offesa nell’amor proprio non rispondo, mi limito ad inviargli uno sguardo poco carino. E così fava sopra fava il cesto si riempie, anzi diventa colmo, al punto che per difesa, sempre il giardiniere di prima aggiunge “ oh ! non avrei mai creduto che fossero così tante “ ancora una volta non merita risposta ma solo una linguaccia. Così soddisfatti del prezioso bottino rientriamo in casa e in men che non si dica tutta la sala è invasa da, un dolcissimo profumo di fave. Così forte e dolce che mio padre dice “ oggi mi avete fatto ritornare indietro a 60 anni fa, quando il I maggio si andava a raccogliere le fave per poi  fare tutti insieme la scampagnata a Santa Lucia” ( frazione di Monte San Vito ). Queste sono soddisfazioni, il sapere di evocare sapori di un tempo.
Un tempo quando le cose erano semplici e ci si divertiva con poco, perché tutto faceva festa.
E’ proprio così. Devo pensare assolutamente a qualcosa di estremamente semplice per queste fave. Mi viene in aiuto un vecchio libro di cucina marchigiana, scritto negli anni 70 da un insegnante Nicla Mazzara Morresi. E’ un testo introvabile, una piccola chicca da tenere sotto vetro. Purtroppo non è mio, mi è stato dato in prestito da una persona eccezionale, grande cuoco, grande conoscitore di tante cose e soprattutto nostro amico. La scrittrice appassionata della sua terra, le Marche, pensa bene di raccogliere tutte le, usanze e ricette tramandate fino ad allora oralmente, della realtà contadina e per fare ciò gira in lungo e in largo la campagna marchigiana.  Il suo saggio intento è preservare tutto questo dall’oblio , visto che già in quegli anni la civiltà contadina stava quasi scomparendo del tutto. Grazie a lei se molte di queste cose si sono salvate. Prometto di trascrivere i passi più importanti di questo testo, prima di riconsegnarlo nelle mani del suo legittimo proprietario, promesso !!!!!!!!!
Ora dopo tanta teoria passiamo alla meritata pratica. Innanzitutto provvedo a dividere le fave per lasciare quelle più tenere da mangiare con il pecorino. Modestamente anche quelle più grosse risultano poi tenerissime, ma tanto una divisione bisognava pur farla.
mentre aspettiamo che diventino n'greccie
Prendo a questo punto solo quelle da sgranare e qui mi viene incontro un antico detto che dice “ incomincia a lavorare il dito grosso “ e si perché è proprio con il dito grosso, il pollice che si libera le fave dal baccello.
Le due ricette prevedono la stessa fase iniziale, ovvero lo sbollentarle appena nell’acqua per mantenere il più possibile la tenerezza e il profumo.
La prima ricette si chiama appunto “ Fava n’greccia “ e rappresenta un mangiare antico della località di Macerata.
a Nicla Mazzara Morresi
N’grecce, in dialetto maceratese significa appunto arricciate. Proprio così ,quando si vede che la buccia diventa “ grinzosa “ allora, bisogna toglierle dal fuoco.
Appena scolate le fave vengono condite con olio ( io ho usato un olio abbastanza fruttato ), pepe, sale , aglio tagliato fino fino e menta ( del mio orto naturalmente ).
E una è fatta, passiamo alla seconda dal nome “Cuticusu”.
fave "n'greccie"
cioccolato con le fave di cacao
Anche questa è una ricetta maceratese e in dialetto “ cuticusu “ significa solletico ovvero molto stuzzicante ed è proprio così, confermo! 
fave " cuticusu "
Anche queste dopo averle lessate ( sempre n’grecce ) si scolano e si condiscono subito con un trito di aglio, maggiorana ( a risempre del mio orto ), acciughe spezzettate, olio ( io ho usato l’olio aromatizzato con la mia maggiorana ) e aceto ( bianco ).
Cari amici non vi dico un’assurdità ma quello che abbiamo mangiato il primo maggio avrebbe fatto risuscitare anche San Ciriaco. E’ proprio vero la semplicità è  una grande cosa.
particolare del Duomo di San Ciriaco
Ci sforziamo tante volte a creare elaborazioni su elaborazioni, quando invece basta piccoli gesti semplici, fatti con semplice cose per riassaporare il mondo di una volta.
San Ciriaco.


Grazie Nicla
E soprattutto grazie Augusto.


4 commenti:

  1. Oh Annamaria!! Quando ho visto l'aggiornamento ho avuto un tuffo al cuore!! Come sono contenta di leggerti di nuovo: mi sei mancata sai? E che bel post, che bella esperienza e...che belle fave!! Quelle che trovo qui, dal fruttivendolo gioielliere, oltre ad essere care come il peccato, sono anche di un brutto!!...mi fanno proprio tristezza e non mi viene voglia di comprarle. Pensare che fave e pecorino era il mio piatto primaverile preferito. Lo aspettavo con ansia tutto l'inverno. Pero' la tua ricetta con le acciughe la voglio proprio provare!! Bentornata Annamaria, mi hai rischiarato la giornata!

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  2. Annamaria carissima non avevo visto l'aggiornamento!! Ho scoperto con grande gioia che sei ritornata dal commento che mi hai lasciato! Che felicità rileggerti...Quante belle cose ho imparato anche oggi! Le fave mi piacciono molto e sono contenta che hanno perso l'alone funebre nel corso dei secoli :-) Quel cesto pieno è stupendo, complimenti per l'orticello, per la raccolta e le meravigliose ricette! Un abbraccio grande

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  3. eccoti!!!
    con le tue meraviglieeee, i tuoi racconti coinvolgenti, le tue ricette splendide!!!
    hai ragione la semplici è una grande cosa!!!!
    adoro le fave!!! mia nonna spesso le cucinava con il finocchietto...quanto mi piacevano!!!
    e a volte anche con la menta...che mi hai fatto ricordare!!!!
    bellissimo quel libro! devo segnarlo per vedere se riesco a trovarlo!
    ah la cosa più importante!!! mi sei mancataaaa
    ti ho pensato tanto!!
    baciiiii

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  4. How wonderful to see you posting again. What a wonderful post regarding these beans. Did you know that they were also used when voting? In Greece we still have the saying "koukia metrimena" which means (for your readers) that the beans (votes) have been counted and metaphorically it means that one prepares well for something or that he makes precise calculations before doing something... I must confess that I have never eaten fresh broad beans and it is something I want to try soon.

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