martedì 13 agosto 2013

Dal signor FUF il " Κοντοσοùβλι Μετσòβο " su giarrosto a carica.

Tutto è cominciato una mattina di alcuni giorni fa. Stavamo facendo  un giretto al centro di Macerata quando, vicino all'entrata dello Sferisterio, scoviamo un piccolo negozietto dall'aria un pò retro.
Una piccola scaletta dava accesso all'entrata di quello  che a prima vista dava l'idea di un bazar in miniatura. Non avete idea di quanta roba si trovava stipata in pochissimo spazio. Coltelli di tutte le fogge e per tutti gli usi, piccoli attrezzi per la cucina e via dicendo. Un vero incanto per gli occhi, soprattutto per chi come noi, è sempre alla ricerca di novità, specialmente in campo culinario. Ma torniamo alla scaletta d'entrata. Sopra un gradino stava, in bella mostra, un " marchingegno "  in ferro battuto e bronzo, che subito ha richiamato la nostra attenzione. " E cos'è quel coso ? ".
I suoi accessori però, non lasciavano dubbi sulla sua identità. Si trattava sicuramente di un girarrosto. All'inizio credevamo che fosse solo, diciamo " di bellezza ", tanto era curato esteticamente nei minimi dettagli. Ovvero, una riproduzione anticata. E invece ci sbagliavamo alla grande. Si avvicina subito il padrone dell'esercizio, che visto il nostro interesse, da buon commerciante, inizia a fare ovviamente il suo mestiere. " Bello eh?, una vera chicca ". " Ma è solo per decorazione ? ", dico io. " Ma che! signora questo è un girarrosto funzionante a tutti gli effetti". Apre uno sportellino laterale, dove all'interno c'era un meccanismo di rotelle, simile ad un vecchio orologio. Dà la carica, proprio come se fosse una sveglia antica e.......miracolo dei miracoli, il girarrosto comincia a girare da solo. " Uaoh! che bello ! ", dico io. " Pensate ", dice il negoziante " che lo ostruiscono così, uguale uguale dai primi del novecento ". Amici miei, sembrava un vecchio sopramobile, da quanto era bello. " Insieme al girarrosto è in dotazione anche due spiedi, di diversa misura, e una griglia " aggiunge il negoziante. Già sogno quegli spiedi  carichi di ogni ben di Dio. Carne di tutti i tipi, pesce, ortaggi etc. etc.....Un marchio impresso  sul girarrosto dice " FUF " e un cartellino anticato è attaccato ad esso con uno spago. Prendo il cartellino, lo apro e vedo una vecchia fotografia di un signore di altri tempi, " il signor FUF ". Prendo in mano questa piccola tesserina e come se fosse una reliquia, la ripongo delicatamente nella mia borsa, ormai decisa di portare a casa questo gioiellino. Felici " come una Pasqua " ci dirigiamo all'interno del negozio e nel frattempo che attendiamo l'imballaggio del girarrosto, facciamo anche altri piccoli acquisti. Una mini mezzaluna, a due lame, con tanto di tagliere  di radica di ulivo, un coltello, che all'apparenza sembra di plastica e invece è tagliente più di una sciabola dei Samurai ( dalla particolarità di non ossidare il prodotto che si taglia ) etc etc......Comunque ritorniamo a noi. Con il nostro pacchettino ci dirigiamo alla macchina e già la mente di tutti e due viaggia su " un unico binario ". " Che facciamo domenica? ". In coro e quasi in sincronia rispondiamo " un bello spiedo ". Ma! aggiunge " la voce del padrone ", alias mio marito, " un bel Κοντοσοùβλι ". " Un Κοντο che ? ", rispondo io. " Un piccolo ( Κοντο ) spiedo di carne " precisa lui. Bellissimo.....oggi è mercoledì, abbiamo tutto il tempo per studiare ed affinare la nostra prima ricetta per girarrosto. Tornando a casa, oltre ad ammirare ed osservare in modo più accurato, la nostra bella mercanzia, ci dividiamo  ( da buoni soci ) i compiti. L'aiuto chef alla ricerca della fatidica ricetta ed io, come sempre, alla ricerca delle origini della storia, ovvero alla ricerca del misterioso " signor FUF ". Prendo dalla borsa il cartellino, che avevo precedentemente tolto dal girarrosto e inizio a leggere.
" Girarrosto originale " sotto il marchio " FUF " e poi ancora sotto la scritta " Ecco la prova qualità nel tempo " e sotto ancora " il signor FUF esponeva sino dal 1928 alla Fiera di Milano". Dal 1928, be! ne è passato del tempo e sicuramente il signor FUF non esisterà più, però ha lasciato sicuramente  una bella eredità di pensiero, visto che ancora il suo girarrosto  "gira ancora ". Dopo questo rapido pensiero mi appresto ad aprire con gran curiosità, " la reliquia "  e vedo che da una parte è scritto " girarrosto FUF, diffidate di volgari imitazioni " e dall'altra, ancora più interessante, una riproduzione, in miniatura della tessera per espositore, dell'epoca, che dice appunto " Fiera esposizione Milano 12 aprile 1928 19 giugno " 
 Che meraviglia, con questo " lasciapassare " il signor FUF aveva accesso alla Fiera, nel lontano 1928. Chiudo il libricino e all'utima pagina ecco che compare lui, il signor FUF in persona, riprodotto in una fotografia dell'epoca.


 Appare un signore distinto, un pò stempiato, con i baffi"tutto in tiro " con la sua camicia dal collo inamidato e la cravatta dal nodo impeccabile. Fà una certa impressione vederselo davanti. Il passato che ritorna presente La polvere, dentro un cassetto chiuso da tempo e improvvisamente portata via da una semplice " spolveratina ". Purtroppo, non sono riuscita a saperne più di tanto su questo personaggio. Inghiottito ormai, dal secolo che ci separa. Comunque, qualcosa è riemerso dalle " braci " del suo girarrosto, vivo e vegeto ancora ai nostri giorni. Infatti l'Azienda FUF ha un suo sito internet, con tanto di prodotti ancora vendibili ma.....del signor FUF neanche una parola. Continuo la ricerca allora, motivata ancora di più dal fatto che a parlare di lui sia solo una piccola fotografia sul retro di un cartellino pubblicitario. Scopro quindi che il sig,FUF viene ispirato, per il suo girarrosto, da una azienda meccanica francese del 1800. Con i debiti miglioramenti improntati ecco il suo girarrosto. Il tutto racchiuso in una scatola di metallo nero, con piedini intagliati e decorata con il marchio FUF in oro. FUF che significa appunto Frilli Ugo Firenze ( la sua città natale ). Attraverso uno sportellino è visibile, come abbiamo detto in precedenza, il marchingegno della carica che dura 15 minuti circa. Quando sta per terminare il tempo, un campanello in ottone emette un suono. Il suono viene prodotto da due o tre sfere fissate su bracci mobili poste sotto la base, che al diminuire della velocità , per gravità, vanno a toccare il campanello che a sua volta suona per avvisare la fine della carica. Ma ritorniamo ai 70 giorni della Fiera Esposizione di Milano di quel lontano 1928. In quell'anno la Campionaria  celebra il decennale della vittoria della grande guerra. Per l'occasione viene coniato il nome di " Fiera  esposizione ". Tante sono le novità. Tutte le baracche di legno, vengono rimpiazzate da magnifiche opere in muratura.                                                                    

I viali interni vengono asfaltati. Circa 600 apparecchi telefonici vengono installati.
Anche un inno alla Fiera viene scritto per il solenne evento. Inoltre,  un gettone, da due lire viene coniato. Un gettone da convertire in denaro e spendibile all'interno della Fiera.



Lo spirito di questa " esposizione universale " era quello di pubblicizzare le nuove tecnologie e le merci a tutto il mondo. Non è un caso che queste manifestazioni approdano nella nostra società subito dopo la rivoluzione industriale. C'era il desiderio allora, di farsi conoscere e nello stesso tempo conoscere gli altri, in tutti i settori, La stampa, la fotografia, l'illustrazione etc... servirono da veicolo per il trasporto di queste nuove idee. Per far si che tutto questo funzionasse era indispensabile attirare il maggior numero di persone, addetti e non. Si curò sempre di più, quindi la qualità di questi  contenitori di mercato. L'allestimento delle sale espositive diventò sempre più curato e tante furono le manifestazioni di spettacolo nei giorni della fiera. Unico scopo " venite gente, venite alla fiera ". 


      

                                                                              La fiera, in quell'anno aumentò  significatamente l'area di esposizione. Si passò dai 28.000 mq. del 1923, agli 87.000 mq. del 1928, anno importantissimo e di forte crescita tanto per la fiera, quanto per alcuni settori produttivi italiani.
                                                                                


Ora, immaginiamo, in questo contesto, il signor FUF, che con la sua tessera, data ad ogni espositore, entra alla fiera per presentare la sua novità " il girarrosto originale ". Chissà se avrà scambiato il suo gettone da due lire in denaro? e cosa avrà comprato con esso. Purtroppo il rito dell'innagurazione però, viene alterato da un tragico evento. Pochi minuti prima dell'avvio alla fiera, un ordigno esplode in Piazza Giulio Cesare, dicono sia stato un attentato al re.
Chissà quanta paura avrà avuto il nostro espositore venuto da Firenze?

Tante le persone morte e ferite ma......nonostante tutto la grande macchina congegnata per la fiera si mette in moto lo stesso e quasi niente di ciò che era stato prefissato viene annullato. Ugo Frilli potrà ugualmente presentare al folto pubblico, che nonostante l'accaduto affolla gli stand, il suo bellissimo girarrosto. Una cosa però non potrà mai sapere. Che in quel preciso istante lo faceva si conoscere ai visitatori della fiera, ma nello stesso tempo lo stava esponendo anche per le generazioni future. Versioni successive, anche elettriche furono  approntate al nostro girarrosto FUF. Ma..... quello più richiesto, rimane a tuttora l'originale , ovvero la novità della fiera del 1928.
Ora però, diamo lustro al signor Ugo ( ormai diventato di casa ) e facciamogli vedere che cosa siamo stati in grado di fare con il suo girarrosto. Allora, mentre io mi dilettavo alla ricerca del caso, l'aiuto chef aveva già predisposto la ricetta in tutti i minimi particolari. Lui, molto più pratico di me, in quasi due minuti aveva già scelto e optato per il "  Κοντοσοùβλι Μετσòβο ". Μετσòβο, è un comune della Grecia, situato nella periferia dell'Epiro. Diversi anni fa ci siamo passati, sotto il periodo pasquale. E più che primavera sembrava pieno inverno, visto la neve che ci ha sorpreso. E' un paesino molto caratteristico. 

I suoi pascoli naturali con tanto di caprette al seguito. I negozietti tipici, pieni di prelibatezze locali e prezioso artigianato.


Il grande platano, che a detta di un vecchietto del luogo aveva vissuto in quell'anno due inverni.
E la cucina, la loro magica cucina e il loro vino così invitante.


Tutto così inebriante!
Purtroppo è stato un " mordi e fuggi " vista la bassissima temperatura e il nostro vestiario decisamente " pasquale ". 
Allora, per far ritornare alla mente i sapori e i profumi di questa terra, prepariamo la ricetta  "Κοντοσοùβλι Μετσòβο ". 
Ingredienti: Un coscio d'agnello, olio, succo di un limone, sale, pepe, origano, 2-3 pomodori, 2-3 peperoni ( io ho utilizzato quelli gialli ), 1 grossa cipolla ( io ho utilizzato 3-4 cipollotti ) e un Κοντο σοùβλα ovvero un piccolo spiedo.
Preparazione: Marinare la carne (la sera prima). con olio, pepe, origano e sale.
Oleare lo spiedo ed iniziare ad " infilzare" alternando, pezzi di carne ( precedentemente tagliata a grossi pezzi ), con cipolla, pomodoro e peperone, fino al termine del σοùβλα.

 Posizionare lo spiedo sul girarrosto, con sotto la brace.
                    Mettere sotto una leccarda per raccogliere tutti i sughi della carne. Azionare la carica del FUF e godere della vista dello spiedo che gira lentamente, rosolando la carne sulla brace.



Se volte potete una salsiccia sulla griglia come se fosse una "λυκανικο" .

Dopo circa 2 ore e trenta minuti il nostro spiedo è bello e pronto, con tanto di profumino di Μετσòβο al seguito. 

Hai visto signor FUF cosa abbiamo preparato con il tuo magnifico girarrosto? Per me hai un futuro anche in Grecia. E allora entra nella sala espositiva ellenica e presenta il tuo σοùβλi fiorentino e....tanti auguri.                                                              


E mi raccomando non dimenticarti di mandare una cartolina!      

mercoledì 7 agosto 2013

"Dalla penna di Επιφανιου Μοναχου al nostro tavolo: Ξυφίας με μπαρμπουνοφάσουλα ζεσπυριστά, ovvero pesce spada con fagioli "

E' così che mi piace immaginare il monaco Επιφανιου, ormai celebre in tutto il mondo come " lo chef del Monte Athos ".  Seduto, nella sua cucina, o meglio sotto un pergolato, vicino al mare, accanto alle viti, delle quali alcune le ha riportate in vita, salvandole dall'estinzione. 
Con un taccuino in mano, mentre riporta su carta, memorie di ricette, molte delle quali antiche e trasmesse dai monaci più anziani. 


 Dal 1990 vive nel monastero di Αγίου Εύσταθίου (Μυλοπόταμος ).
La fede sicuramente l'aiuta, nel compito arduo della cucina, come anche il luogo. Un luogo diverso dal nostro, sia come tempo che come spazio. Monte Athos, giardino della Vergine Maria, giardino incontaminato, sia come anime che come natura. Il lento scorrere del tempo, dà alla giornata un senso diverso. L'aria intorno è impregnata di serenità e calma. Be! certo, quando ti trovi in un habitat del genere, anche il solo" pelare le patate ", acquista una sensazione e una dimensione diversa da quella che conosciamo tutti noi, abituati ormai a correre sfrenatamente, per voler portar a compimento qualsiasi cosa. La scienza qua, inoltre, in questo mondo, non è riuscita a minare la fiducia per il vino, per l'olio e per tutti quei sapori e profumi esistenti già dal tempo di Nettuno ( mare ) e Artemide ( terra ). Certo, anche loro, quando si trovano ad organizzare grandi banchetti, per le feste del monastero, ad esempio, si trovano a dover accelerare un po' il " passo di marcia ", ma sempre e questo è importante, con estrema pacatezza. Il vescovo nomina ufficialmente " il primo chef " , che da quel preciso momento inizia ad espletare il suo compito. Come un direttore d'orchestra, dirige i suoi aiutanti per preparare un infinità di cibi prelibati e soddisfare un numero enorme di pellegrini. Spesso, quando le dimensioni della cucina, anche se grande, non risulta sufficiente, si allestisce all'esterno una cucina da campo, nel cortile. 
Nel grande tavolo, preparato per il pranzo o per la cena, tutto è in ordine, dal servizio, alla disposizione a sedere. 

Niente è al caso. Ma c'è una cosa più importante di tutto il resto. Tutti dal capo cameriere agli assistenti si curano soprattutto di mantenere il silenzio, perché il silenzio santifica il cibo, il bere e le persone. Ogni volta però, tutta questa preparazione sa di miracolo, più che di routinaria organizzazione. Ogni cosa, alla fine, risulta di una perfezione tale, da sembrare, quasi non umana. Come nella favola di Cenerentola, dove le fate, in un attimo, riescono a fare ogni cosa, qua le abili mani dei monaci sembrano muoversi dettate da un anima superiore, in grado di sincronizzare i tempi, le procedure e via dicendo. Riassumendo in due parole: anche questo fa parte del mistero del Monte Athos. 
Poi tutto torna alla normalità. Ai pochi e stanchi visitatori basta un sereno tramonto, un piccolo chiosco in montagna o meglio vicino al mare. La cena è frugale, ma quello che torna ad essere sempre importante è ancora una volta, il parlare sottovoce. A noi, che veniamo. si può dire, da un'altro pianeta, risulta difficile questa concezione. Si mangia, con la televisione accesa, o meglio con l'ipod all'orecchio. Il telefono poi, è diventato il nostro quinto arto, pronto con sms, chat e via dicendo. Capace ormai, di porre un muro tra noi e chi ci stà davanti. Certo, non è facile per noi capire il senso del silenzio, soprattutto quando si mangia. Eppure è semplicissimo, naturale e.........rinvigorente. Se entriamo in questa dimensione, tutto ci appare diverso, persino il profumo del basilico nel nostro piatto. E' come entrare in una modalità di pensiero diverso. Pensiero, ad esempio, che con l'aiuto dello spirito santo, può aiutarti in piena notte a percepire in maniera distinta e forte, nel tuo giardino l'aroma del timo, dell'origano, della menta...........
Entri così nei segreti della notte, notte che ti semplifica il giorno dopo che dovrà venire. Ritornando ai pellegrini del Monte Athos, chissà quante volte si ricorderanno  di quella scritta sull'architrave della cucina ? " La tavola non è solo quello che vedi, ma è anche mente. Il gusto è come un salmo. il bere è come un inno. Chissà , se poi, davanti alla loro tavola di tutti i giorni, qualcosa di quelle parole sarà rimasta in memoria ? Io credo di si . Una volta che sei riuscito ad entrare in contatto con sfere così alte è difficile ripiombare in una vita piatta e amorfa. E' praticamente impossibile, qualcosa dentro di eccelso deve rimanere per forza. Ma torniamo al nostro monaco  Επιφανιου.
Certo la realtà descritta è abbastanza surreale, ma lui ci tiene a sottolineare che là i monaci non sono degli UFO, ma dei semplici esseri umani, uguali a tutti gli altri. Certo la giornata è scandita in modo diverso dalla nostra, visto che il compito principale è la preghiera, ma per il resto, niente di diverso, lavoro, lettura, cucina.........Cucina che Επιφανιου ha saputo valorizzare così bene. Da sempre è stata la sua passione. Ha imparato affiancato a monaci anziani. Il sacrificio e lo sforzo, hanno fatto di lui, il primo conoscitore della cucina del Monte Athos. A 18 anni nel monastero di St. Paul  cucinava  per 80 persone, per otto anni di seguito. Questo ha significato preparare cibi  continuamente, giorno e notte, estate e inverno , senza giorni di riposo. Be! l'esperienza viene anche da qui. Perché in cucina, lui dice, più che del talento ci vuole soprattutto lo sforzo. Per non sentire il peso di quello che si fa, bisogna avere soprattutto la passione. Puoi avere anche molto talento ed altrettanta fantasia, ma se solo il pensiero di cucinare qualcosa ti pesa, sicuramente non farai mai niente. Si deve avere perseveranza per raggiungere qualcosa ed essere paziente per le difficoltà che si incontrerà nel cammino. Un'atra cosa importante che lui ci tiene a sottolineare è che la cucina greca oggi, non è al 100% cucina mediterranea. La cucina mediterranea non significa panna, besciamella.....Mediterraneo è legumi, verdure , pesce.....
E qui, possiamo affermare che la vera cucina mediterranea viene osservata meticolosamente nel Monte Athos. Qua non vengono utilizzati grassi animali e non si mangia carne. 
Ma certo, non è che adesso dobbiamo pensare a rivoluzionare il nostro modo di mangiare in maniera così drastica. E qui, ci viene in aiuto di nuovo il nostro monaco Επιφανιου. Una dieta sana e gustosa allo stesso tempo, non deve includere alimenti ma caso mai rimuoverli. Meno alimenti di origine animale e più legumi. Non c'è bosogno di mangiare carne ogni giorno. Una volta alla settimana è più che sufficiente. D'altronde, è la disintossicazione del corpo, uno dei motivi per cui la chiesa ha stabilito il digiiuno. il cibo però, non è solo una necessità biologica. Ricordiamoci, che la cucina e le nostre ricette, rappresentano un patrimonio culturale e la nostra qualità della vita. La cucina come un nostro patrimonio.Un patrimonio però da condividere con le persone che ti stanno vicino. E così si ritorna indietro nel tempo, agli affetti più veri. A quando il piccolo Επιφανιου, l'unico di cinque fratelli, passava ore ed ore, ad osservare la madre mentre cucinava. Da lì proviene sicuramente  la sua passione. Odori e sapori, ricordi inconfondibili da imitare ogni qual volta ci si avvicina ai fornelli. Non patate fritte, pronte, surgelate, ma patate tagliate a mano, con l'odore inconfondibile dell'amido che si impregna ovunque. 
Non soffritti pronti di cipolle, ma cipolle pulite e tagliate al momento per cuocere lentamente nel nostro sugo. Questa è la cucina , non una tecnica, ma un insieme di sensazioni e combinazioni diverse, da assaporare ogni volta, come se fosse la prima volta. E' con questa filosofia che voglio proporvi una delle tante ricette del libro " Μαγειρική του Αγίου Όρους ", ovvero " pesce spada con fagioli freschi ", una antica e strana ricetta.
Innanzitutto, bisogna dire che il pesce spada si trova solitamente in primavera e in estate. Una volta, non c'era  l'eletticità e quindi non c'era nenche il frigorifero. La conservazione del pesce spada ( e anche di tutti gli altri tipi di pesce ) era esclusamente " sotto sale ". Veniva adagiato sotto strati di sale, pressato al massimo, quasi saldato un pezzo all'altro. Ma la fatica, non consisteva nella sola conservazione, ma anche nella successiva preparazione per la consumazione del cibo. Se il pesce era piccolo, non c'erano problemi particolari, ma se era grande bisognava metterlo sotto l'acqua per 24 ore, prima di cucinarlo. Ora, tutto è cambiato, nel Monte Athos, c'è l'elettricità e quindi il frigoifero. Ora, il pesce basta congelarlo e il gioco è fatto. Ma.......si dice che ancora oggi i vecchi monaci preferiscono " il vecchio sale " al congelatore. 



Ingredienti: 6 fette di pesce spada ( circa 1 kg ),
fagioli freschi da sgranare ( circa 1 kg ),
4 cipolle, preezzemolo, pepe nero, cumino in polvere, 5-6 pomodori freschi, olio evo, sale.


 Preparazione: Soffriggere la cipolla ed aggiungere i fagioli già sgranati.



 Adagiare le fette di pesce spada sopra i fagioli ed aggiungere acqua, fino a ricoprire il pesce.



 Dopo 30 minuti circa, aggiungiamo i pomodori schiacciati e le spezie. Saliamo.
 Lasciamo il nostro cibo cuocere piano, piano per circa un ora. Aggiungiamo il prezzemolo, prima di togliere dal fuoco.

















A detta del monaco Επιφανιου , questa ricetta ricorda un cibo preparato dai pastori, che la facevano con la pancetta ( o con il baicon per quelli "otre Atlantico " cioè i cowboy ).
Chiudendo questo post voglio tramandarvi alcune frasi  che il cuoco Επιφανιου ha voluto scrivere alla fine del suo libro. 


" Non sono andato a nessuna scuola di cucina, nè posseggo alcun titolo. Ho imparato vicino ai vecchi anziani, come soffriggere la cipolla a fuoco basso, così come ho imparato che tutti i cibi nella loro cottura, hanno bisogno di estrema pazienza e attenzione, nello stesso modo di quando cucini sul carbone e aspetti il momento preciso che i liquidi superflui sono andati via, per togliere la carne. Ma perché fare tutto questo? o meglio per chi fare tutto questo?. La risposta è semplicissima.........per le persone che ami. La cucina rappresenta una manifestazione d'amore, un voler creare piacere alle persone a cui teniamo molto. Non dobbiamo aver paura di sbagliare, perché è il nostro amore che rende il cibo più gustoso. Non c'è piacere più grande, per un cuoco,  che vedere la soddisfazione "stampata sul viso" di chi si entusiasma con il suo cibo. Vorrei che queste mie parole servissero ad avvicinare di più le persone che amate, attraverso la vostra cucina. Aprite la vostra casa, chiamate gli amici, cucinate , se volete, anche insieme. Preparate la tavola, bevete insieme il vino e soprattutto gustate in compagnia. L'apostolo Paolo diceva che tutti i momenti gioiosi e piacevoli della nostra vita arrivano con il buon cibo e la buona tavola. E allora dico io.........perché non approfittare?