mercoledì 7 dicembre 2011

Cucina di bosco, amore di casa.

il mio cedro libanese in versione quasi natalizia con le pigne scoppiate a mò di candele
Molti di voi già è a conoscenza che la mia casa si trova in mezzo ad un bosco. Si lo so ! dirlo così fa un pò impressione. A dire il vero, questa cosa suona strana anche a me. Sembra come se stessi raccontando di una vita non mia. Ma è così, che ci devo fare. Vissuta da sempre in città, o meglio in pieno centro, non vi dovete stupire se ancora oggi, dopo quattro anni, mi sembra di vivere una favola. Questa casa è stato amore a prima vista. Di colpo, vedendola, sono spariti tutti i bisogni di comodità che si hanno vivendo in un luogo, diciamo " molto trafficato". Basta che ti immergi anche solo per un secondo, nel suo bosco, per avere tutto ciò che ti serve. Ricordo  quando ho iniziato il Blog e mi sono trovata a dover scrivere nel profilo, qualcosa che mi rappresentasse. Di getto ho scritto " Le cose che amo di più sono, la mia casa ( che si trova in mezzo ad un bosco ), la buona cucina, la birra artigianale e il mio lavoro in chirurgia vascolare ". L'ho  lette e rilette milla volte queste frasi. Molti dubbi e incertezze a riguardo. " Parlo di tutto e non dei miei affetti personali, chissà, molti penseranno che sono una persona superficiale ". Ma i miei affetti sono sottintesi e non mi và di sottolinearli. " No ! non metto nè figli, nè marito, nè famiglia in genere. I miei affetti ci sono e basta ".
il mirto tarantino

il melograno
i funghi ( che non conosco )

    e quindi è meglio comprarli
    il coccio di Kythera
    Adesso arriva il momento cruciale. Leggo e rileggo " la mia casa che si trova in mezzo ad un bosco ". Ma! qui tutti mi prenderanno come una stupida che gioca a fare la principessa delle favole. " Ma chi si crede di essere questa quà ? ". Però, però , però........ è la verità. la mia casa si trova veramente in mezzo ad un bosco. Certo, non è da tutti, lo ammetto, ma che ci devo fare se è così. E allora confermato il mio profilo. Sono già passati quasi quattro anni, ma vi assicuro che ogni volta che torno a casa è come se fosse la prima volta. Il cancello si apre, ed entro in un'altro mondo, fuori dalla realtà. Si ritorna a casa e c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, un fiore sbocciato durante la giornata, nuove sfumature e nuovi colori, il verso di un uccello mai sentito prima........ è come se il mio bosco avesse mille vestiti da indossare per le diverse occasioni e vi assicuro, che non c'è giorno, non c'è momento, che sbaglia qualche abbinamento o qualche accessorio. Tutto è sempre così perfetto, anche nelle condizioni climatiche più estreme. Per farvi capire meglio questa cosa, devo dirvi di un'altra caratteristica importante, che fà del mio nido un luogo più unico che raro. Ogni stanza ha almeno una vetrata grande come l'intera parete. E' così che anche quando sono dentro, al riparo dal freddo, dal sole e dalla pioggia, è come se vivessi " là fuori ". Magica la pioggia, mi sembra di essere all'interno di una bolla trasparente. Avete presente quelle palle di vetro, decorate all'interno, che se le scuoti " scende la neve " ? Bè ! la mia casa diventa proprio come questo " giochino " delicato. Tuoni e lampi poi, ti si presentano davanti con tutta la loro maestosità. Certi brividi, misti a forti emozioni, mi fanno sentire piccola, piccola, come se fossi un granellino di terra in mezzo ad una enorma vallata. La grandezza della natura è ciò che amo di più e questa casa, mi ha dato la " la vista "giusta per poter ammirare  a 360 ° il credo che ci circonda. E poi, trovarsi sotto gli alberi, mentre una folata di vento fa cadere le foglie ? splendido ! sento in quel momento, come se mi trovassi in mezzo ad una via dove si festeggia il carnevale. Coriandoli dai caldi colori autunnali cadono con una leggerezza unica e mai uguale. A volte, quando il vento è più forte e le foglie cadono con lieve violenza su di me, verngo trasformata, dallo scenario, in una giovane sposa all' uscita della chiesa, nel momento del lancio del riso. Quante cose potrei ancora raccontarvi, ma mi rendo conto che ho bisogno di un piccolo spazio per la ricetta in questione, o meglio il pranzo in questione. Il mio blog è un blog di cucina, quindi va bene parlare di natura ma bisogna pensare anche alla tavola . Allora, perchè non dedicare un'intero menù al mio bosco ? un menù che racchiuda, in chiave gastronomica tutto quello che ci siamo detti fino ad ora? Presto fatto !! Menù del bosco : Primo piatto "tagliatelle al profimo di bosco " Secondo piatto " scaloppine con infuso cotto al briki di melograno e mirto  Dessert " crucolo tra more e ribes.   Ingredienti per il primo piatto: Funghi freschi ( misti, tra cui i pioppini ) , pancetta tagliata a cubetti grossi, aglio ( 2-3 spicchi ), olio, poco burro, peperoncino, birra (l'emigrante del birrificio la maiella), pomodorini, ribes rossi, sale alle erbe di Cervia.

    Il tutto cucinato nella pentola di coccio di Kythera ( Russos arte ceramica ).
    Preparazione: Mettere a soffiggere nel coccio, l'aglio ( 3 spicchietti schiacciati ), pancetta e peperoncino con olio e poco burro. Appena sarà rosolata la pancetta, mettere i funghi. Far cuocere un pò e versare la birra. Aggiungere dopo poco i pomodorini tagliati a metà. Salare e far cuocere a fuoco basso con il coperchio.





    Dieci minuti prima di terminare la cottura aggiungere una manciata generosa di ribes rossi. Condire la tagliatelle con il sugo e spolverare con del formaggio a piacere ( io ho utilizzato il parmiggiano ).
    Ingredienti per il secondo piatto: Petto di tacchino a fette, farina, aglio, burro e poco olio, pepe in grani (Nero di Sarawak Maricha), funghi freschi misti, birra trappista ( la trappe triple bionda ), succo di melograno, una manciata di bacche di mirto, sale di Cervia alle arbe, chicci di melograno per condire.
    Preparazione: Far soffriggere gli spicchietti di aglio schiacciati nel burro e poco olio. Aggiungere il pepe in grani. Appena l'aglio diventa " biondo " mettere la fette di tacchino ( precedentemente infarinate ). Rosolarle bene da tutte le due parti. Mettere i funghi, capovogendo la carne, in modo di di coprire con i funghi il  fondo della pentola. 












    Versare la birra e salare. Quando il sughetto si sarà ridotto, aggiungere il succo di melograno e mirto. Per fare questo mi sono servita del briki  (che si utilizza in Grecia per fare il caffè).              
    l'aiutante ghiandino

















                                                                             

    la sorella dell'aiutante ghiandino; ghiandina


    briki greco


                                                                            Ho pestato le bacche di mirto nel mortaio e le ho messe nel pentolino insieme al succo di melograno. A cottura ultimata decorare con chicchi di melograno.

    Ingredienti per il dessert: Formaggio crucolo della qualità " il più dolce ", confettura di more ( dell'azienda di San Biagio di Nocera Umbra ), ribes rossi.
    Preparazione: tagliare il formaggio a fettine ( io ho utilizzato questo tipo di crucolo perchè risulta più dolce e più pannoso ).
    Versarci sopra la confettura di more, decorare con ribes rossi.









                                                                               
     





    Bevande incluse nel menù: birra Cluviae ( maiella ) con mela piana ( autoctona casolana ).






                          

    Che dire alla fine di questo lauto pranzo? soddisfazione, gratificazione e meritato riposo. Seduta sopra un tappeto di foglie, tra due alberi di melograno, immersa in un cielo dalle mille striature azzurre, violacee e rosate, con l'unico rimpianto che presto arriverà il buio a nascondere il mio piccolo grande mondo.










    " Via col bosco "
     
                                                                                          

    lunedì 28 novembre 2011

    Guerrino, l'ultimo re dei ravioli

    Eh! si sono proprio io.Vi ricordate di me? Dai numerosi messaggi che mi sono pervenuti devo dire proprio di si. Mi siete mancati tantissimo e mai come in questo momento vi ho portati dentro il mio cuore, ognuno di voi con la vostra particolarità. Da questa pausa ho capito veramente quanto sia reale questo mondo "virtuale" che ci siamo creato con i nostri blog e anche quanto vi voglio bene.
    Ma non voglio prolungarmi più di tanto con questi discorsi e rischiare di annoiarvi. Solo un 'ultima cosa............non sapete quante volte ero li li per scrivere, tutto pronto, ricette, foto e poi.......niente!!! Continuavo a dire domani, domani, ma il domani continuava a essere sempre domani. Poi mi è accaduta  una cosa per la quale non potevo più dire "domani". Una storia come tante, ma piena di significato, sacrifici e sopratutto amore. Non potevo far finta di niente. Nel mio piccolo dovevo cercare di comunicarvi questa testimonianza, perchè non si perdesse nel tempo e questo post lo scrivo proprio per questo. Un giorno come tanti al lavoro ( sapete che mi occupo insieme a mio marito di Chirurgia Vascolare ) entrano nel nostro ambulatorio due signori di una certa età, marito e moglie. I pazienti all'inizio, da esperienza "sul campo" si possono presentare in due modi. Con il modo un pò aggressivo per vincere le proprie paure o, come in questo caso, in maniera remissiva, quasi in punta di piedi per non disturbare. Ormai "l'occhio clinico" ci viene sempre in aiuto e il trucco di mio marito in questi casi, quando si tratta del sesso femminile arriva sempre con un " le fai le tagliatelle ?" " qual'è il tuo piatto migliore ?". A queste parole devo dire, che tutti si mettono a proprio agio, allentano la tensione e non hanno più timore. Ma questa volta si è verificato un qualcosa di più. Non potevamo sapere che con quelle semplici domande avevamo toccato un tasto molto importante della loro vita,  o meglio "il loro passato lavoro". " Ma Dottò, come se le faccio le tagliatelle? non sai quante ne ho fatte, avevamo una Trattoria io e mio marito, a Castefidardo, che abbiamo portato avanti per oltre 40 anni ". A quel punto anche mio marito era preso nel discorso e alla fine della visita, prima di salutare, rivolgendosi alla signora dice " Allora! che cosa ti riusciva meglio quando cucinavi per la trattoria? ". Li, prende subito la parola il marito che dice " Sicuramente i ravioli, pensi che mi avevano scritto anche un'articolo sul giornale che si chiamava L'ultimo re dei ravioli . " Allora mi devi portare la tua ricetta, anche noi siamo appassionati di cucina " " Di certo !!! " risponde Rosalia, così si chiama la signora. Passa una settimana e la dolce coppia torna per un controllo. Al termine della visita, tira fuori da una grossa busta, l'articolo del giornale incorniciato. Si vede dai loro occhi tutto l'orgoglio e la soddisfazione per quel giusto merito ricevuto alla chiusura del loro locale. Non posso trattenermi di fare alcune foto, così per ricordo e per conoscere meglio questa storia che si fà sempre più interessante. Ma non è finita qui. Dalla borsa, prende una piccola busta e me la pone. Dentro la famigerata ricetta con tanto di autografo. Che belle le calligrafie degli anziani, i loro tratti sono così semplici e veri, come sicuramente è stato anche il loro mondo. Ciliegina sulla torta, un vero cimelio, 
     
     
                                                                                                                      
     la rotellina per tagliare i ravioli, ma quella originale della trattoria " Dottò quanti ne ho fatti con questa, la prenda lei, come nostro regalo". Un misto di sensazioni strane ho provato nel toccare quel piccolo utensile di cucina. Come se un pezzo di vita vissuta fosse passata nella mie mani e non nego che ho provato commozione in quell'attimo. La storia a cui fa riferimento il giornale dell'epoca, parla di un'antica osteria, che alla fine della prima guerra mondiale, apre i battenti a Castelfidardo ( un piccolo paese vicino ad Ancona ). A gestirla c'era la nonna del marito della signora, di nome Regina, ma conosciuta da tutti come Guerrina. Ai quei tempi era solo un'osteria, non si poteva mangiare ancora.  I contadini andavano lì con le ciabatte, si fermavano per mettersi le scarpe, e andare alla messa, in piazza etc....




    L'osteria una volta era come i nostri passatempi di oggi, non c'era la tv, sicuramente non si andava a mangiare fuori (perchè, come giustamente dice l'intervista, era già tanto se si mangiava). Era un luogo per socializzare, bere vino e magari giocare alla passatella. Nel 35 nasce Guerrino ( il marito di Rosalia ), già l'osteria era passata di gestione al figlio di Guerrina " alias Regina " e un pò per volta si incominciò a fare da mangiare. Cose semplici, un piatto di spaghetti, del formaggio e così via. Guerrino cresce e nel 1958 prende "la staffetta" dal padre e insieme alla moglie inizia la propria avventura gastronomica nella trattoria che si chiamerà appunto " Trattoria Guerrino ". Nel 1970 , da semplice trattoria diventa quasi un ristorante, nel menù si introduce la carne. La clientela aumenta ( diversi operai della fabbriche vicine si recano là per i pasti ) e nasce la moda di andare a mangiare fuori la sera. Una cosa però non è cambiata mai, la loro semplicità che hanno proposto fino alla chiusura del locale il 30/12/1999. Pasta fatta in casa, ragù marchigiano antico di generazioni e via dicendo. La loro licenza ( anche quella incorniciata ) portava un numero importante, il numero 1. E numeri 1 sono veramente queste due persone che ho avuto la fortuna di conoscere. A loro voglio dedicare questa mia ricetta dei ravioli, ripresa dalla magica penna di Rosalia.
     Una cosa, non citerò le quantità degli ingredienti, basterà il poco o il tanto come scritto nel foglietto. Voglio che ognuno di voi legga la ricetta come l'ho fatto io e interpreti a suo modo tutto il resto. D'altronde una volta, quando le nostre nonne scrivevano un ricetta, sorvolavano sui particolari e mettevano solo l'essenziale. Forse perchè il resto era sottinteso. Dimenticavo,anche se dalla foto che seguirà, si capirà lo stesso, i  ravioli del Re li ho conditi con burro e salvia ( del mio orto ). Buon appetito da Rosalia e Guerrino.

    mercoledì 28 settembre 2011

    Tutte le strade portano a Itaca. Unico bagaglio tanti semini di carruba

    Non è semplice cercare di spiegare questo titolo, anche perché stavolta sono partita dalla fine del discorso più che dall'inizio e tra un po' capirete perché. Una delle tante mete greche di qiest'estate è stata Galaxidi, un paesino che si trova nella Grecia centrale, vicino a Delfi. Devo dire che tutte le cose non organizzate risultano sempre le migliori. Eravamo da quelle parti a gironzolare un po', quando mio marito alla guida vede il cartello stradale che indicava il luogo in questione e dice " andiamo a vedere Galaxidi ? " rifletto una frazione di secondo e rispondo subito di si. Quello strano nome mi evocava un non so che di stelle, galassie e via dicendo. Non potevo sapere quanto vera era questa mia sensazione, visto che Galaxidi mi è apparsa da subito come un universo a sè.
     Parcheggiamo nel porticciolo tra oche che passeggiano in tutta tranquillità. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, sensazioni strane, forti pungono il mio stato d'animo, tutto parla di mare e non è per niente strano che una delle origini del suo nome sia proprio " il luogo del culto dei mari " . Questo piccolo paese ha una storia emozionante e interessante, tanto interessante che sarebbe un peccato ridurla in un piccolo riassunto. Preferisco rimandarvi ad un link che sono sicura vi rapirà al cento per cento.http://www.greece.org/poseidon/work/maritime-centres/galaxidi.html
    Tornati dal mio rimando mediatico? bene così potrete capire meglio perché descrivo Galaxidi con questa enfasi. Sembra ancora di vedere antiche navi con i loro capitani e non mi stupirei più di tanto se incontrassi un pirata. Bene forse è il caso di tornare " con i piedi per terra " e cosa c'è di meglio di vagabondare tra negozietti vari ? eccone subito uno a comando , il nome non lo ricordo ma vi assicuro che risulta alla prima impressione meritevole di una “ capatina " . Entriamo e non sappiamo da che parte incominciare a guardare, tante sono le cose interessanti che ci sono al suo interno. Olio, vino, pasta, spezie e .........farine di tutti i tipi.
    Una ci colpisce più delle altre: farina di carruba. Questo nome non mi è nuovo. Forse mi sono sforzata così tanto nel cercare di collegare carruba a qualcosa di conosciuto, che la mia domanda si è stampata nel viso prima ancora che sulla bocca, al punto che il mio compagno dice " la carruba, ti ricordi i baccelli che abbiamo preso a Itaca ? "  Oh! finalmente ci sono " e allora la compriamo sicuramente " rispondo io. Cosa c'è di meglio di un luogo che ti affascina se per di più ti rimanda ad un'altro posto che ti affascina ? penso proprio niente. Così tra varie altre cose usciamo dalla stiva di quel negozio con il magico sacchetto. L'azienda che produce questa farina si chiama " i mulini di Pantazis e si trova a Megara. Da tre generazioni operano nel settore della raccolta e macinatura dei cereali e ora hanno rimesso in funzione il vecchio mulino in pietra, per creare prodotti dai sapori antichi di una volta.http://ebloko.gr/myloi_pantazh

    Che peccato  bisogna ripartire, la strada per Atene è tanta, se fosse per me rimarrei anche la notte, pensa questo porticciolo illuminato solo dalle stelle, ma il cammino deve continuare........purtroppo. Un 'ultimo sguardo a questo angolo di paradiso dove anche le oche hanno la loro bella casetta in mezzo al mare con tanto di canotto per quando non hanno voglia di nuotare. Spero di ritornare presto, magari durante la festa del lunedi pulito ( l'ultimo giorno di carnevale ) , quando si svolge la famosa battaglia della farina colorata, tanto per rimanere in tema. Intanto le vacanze finiscono e si ritorna a casa. Anche la farina di carruba è tornata insieme a noi, ma per un insieme di cose finisce nel dimenticatoio della nostra dispensa, fino a quando una mia grande amica greca Vita del blog Cretangastronomy scrive un post straordinario sulla carruba.http://cretangastronomy.blogspot.com/2011/09/blog-post_14.html
    Ecco perché questo prezioso ingrediente non usciva ancora dalla credenza della cucina, perché aspettava di essere utilizzata per un'occasione molto particolare. Vita nel suo blog fantastico e invito tutti voi a visitarlo perché eccezionale è dir poco, fa una bellissima recensione sulla carruba e dopo aver descritto una ricetta con questo ingrediente, invita a tutte le persone che la seguono, ad inviarne altre, così come desiderio personale. E allora perché non accontentarla con un primo, visto che l'Italia è la patria della pasta. Quindi......... " Ravioli di carruba in salsa di formaggio cretese ".
    Ingredienti: per la sfoglia : 150 gr, di farina di carruba, 600 gr. tra farina di grano duro e farina di semola, 6 uova e sale.
    Per il ripieno: 700 gr. di ricotta di mucca, funghi secchi ( io ho utilizzato un preparato per la zuppa di funghi ) proveniente da Grevena, 1 uovo, sale , pepe e formaggio grattugiato ( io ho utilizzato ovviamente la gruviera cretese ).

    Per la salsa: burro, formaggio gratugiato grosso ( lo stesso del ripieno ), panna ( io ho utilizzato quella ai funghi e salvia ( del mio orto ).

    Preparazione:


     Innanzitutto prepariamo il ripieno, per dare il tempo che si raffreddi per poterlo utilizzare meglio durante la farcitura dei ravioli. Prima di ciò mettiamo il preparato di funghi in mezza tazza d'acqua , per farli gonfiare. A cosa fatta prendiamo una pirofila, mettiamo tutti gli ingredienti, amalgamiamoli bene e scaldiamo il tutto solo un attimo sul fuoco, facendo attenzione a non cuocere l'uovo.



    Fatto ciò mettiamo il composto così preparato in frigo. Ora prepariamo la pasta. Sulla spianatoia mettiamo la farina ( precedentemente mischiata ) a fontana, aggiungiamo le uova, un pizzico di sale e lavoriamo il tutto fino a a che la sfoglia non risulti della giusta consistenza. Con un bicchiere a mò di stampo creiamo dei tondi che andiamo a farcire con il ripieno, in modo che, ripiegandoli su se stessi, diventino delle semilune. Mentre la pasta si cuoce prepariamo la salsina. In una larga padella fare sciogliere il formaggio , tagliato a scaglie, il burro e la panna. Poco prima di togliere dal fuoco aggiungere la salvia. Con questo sughetto, condire la pasta e ...........................uhm!  ma è proprio buona. Tanto che tutti a tavola diciamo " è da rifare ".
    Ora a cosa fatta devo tornare al titolo. E' proprio vero che tutte le strade portano a Itaca.
    Itaca intesa come strada, cammino ma, in questo caso più che mai Vita.
    Visto che è a Vita di cretangastronomy la  dedica di  questa mia ricetta.