Tipico clima dal " dolce far niente ".
Finisco rapidamente le mie " faccende di casa " un po' svogliata prendo qualche libro e me ne vado in giardino.
L'ultima volta che sono andata ad Atene ho comprato ( tanto per cambiare ) dei libri di ricette.
Due di questi sono molto particolari e descrivono le ricette dei monasteri che si trovano nel monte Athos e nel mondo in genere.
Personalmente ho iniziato a visitare i monasteri in Grecia. Ho trovato in questi ambienti un mondo nel mondo. Varchi l'entrata e senti da subito un'atmosfera diversa. Il tempo sembra essersi fermato dentro quelle mura che trasudano di antiche tradizioni e pezzi di storia.
La pace regna ovunque e la natura sembra fondersi con questi eremi al punto da sentirsi sospesi nel vuoto. C'è un luogo poi che riassume più di qualsiasi altro posto tutte queste sensazioni appena descritte: Le Meteore.
Chi non ha mai sentito parlare di questo posto magico? Ma credetemi trovarsi là e tutta un'altra cosa.
L'unico rammarico è quello di averlo visto nel modo " mordi e fuggi " visto che era una tappa fuori programma. Ma quel poco è bastato per arricchirmi di sensazioni ed emozioni particolari.
Una Pasqua freddissima, quella passata, ma il calore di questi monasteri ti scaldava il cuore al solo guardarli.Avendo poco tempo a disposizione decidiamo di andare a visitare il monastero più grande delle Meteore, appunto " la grande meteora ", Vorrei parlarvi di tutto quello che ho visto, ma è praticamente impossibile, non basterebbe un libro intero.
Però una cosa vi voglio raccontare: le tradizioni in cucina di questo luogo.
Oltrepassi la soglia di quella che era la loro dispensa e una moltitudine di cose, di oggetti e attrezzi strani ti affollano la mente.
L'occhio non sa più cosa guardare prima e fotografare sembra l'unica cosa migliore da fare per portarsi via il più possibile da questa esperienza.Botti, damigiane, utensili vari profumano di pasti preparati con ricette antiche.
Macchine agricole, antenate delle moderne e sofisticate attrezzature compiuterizzate del mondo di oggi, sporche ancora dei residui alimentari (granoturco, farine varie...... ) fanno da scenario a uno stile di vita ormai passato.
Torchi e presse varie dove il forte odore del legno e del mosto è ancora presente. Sembra di essere catapultati indietro nel tempo e di poter ancora sentire profumi di uva, di olio e..........vociare di monaci indaffarati nelle loro attività quotidiane.
Ho quasi l'impressione che uno di questi ci stia facendo da guida e davanti a noi scopriamo la vecchia cucina del monastero. Vecchi lavabi costruiti nella roccia colme di stoviglie ancora da lavare, il tutto illuminato dalla sola luce esterna.
Pentole di ogni forma e dimensione fanno sfoggia di se accanto a taglieri consumati dall'uso.
Da li a poco la stanza del refettorio dove si riunivano in silenzio per mangiare ciò che avevano preparato e cucinato in grazia del Signore.
Ci sono ancora i loro piatti, le loro posate sopra quei lunghi tavoli, non più messi come se qualcuno si accingesse a mangiare ma con fare di esposizione, come si addice a un museo.
Eppure non si può rimanere indifferenti a questa visione e se mi estraneo un po' dal contesto attuale mi sembra addirittura di avvertire il fruscio delle tonache e il tintinnio delle stoviglie.
Peccato che il tempo passi in fretta, senza accorgermene il pomeriggio è volato, è ora di andare e lasciare questa isola di serenità.
Fuori il tempo è bruttissimo, sta incominciando a nevischiare. Che strano dentro il monastero mi sembrava di essere fuori anche dalle stagioni e dal clima. L'aria era ferma a " temperatura umana " più che a " temperatura ambiente ".
Ora però ritorniamo a questa domenica di luglio.
Nello sfogliare il libro che vi avevo descritto all'inizio del post una ricetta mi salta all'occhio come fattibile, per capirlo che è anche scritto in greco, sicuramente è così. Chiedo conferma al secondo chef che in traduzione simultanea dice " si può fare " e anzi aggiunge " lo possiamo cucinare nello stile dei vecchi monaci, accendendo la legna con il treppiede per appoggiare la pentola, fuori nel ripiano del barbecue ".
Grandioso, anche se mi fa un po' strano cucinare un sugo fuori nel giardino, perché la ricetta in questione è proprio un sugo per condire la pasta.
Mentre lo chef greco prepara il fuoco, io mi accingo a sistemare tutti gli ingredienti da portare "all'aperto ". La ricetta si chiama " saltza domades laderì " ( scusate il modo fai da te di scrivere in greco ) ovvero " salsa di pomodoro all'olio ".
Ingredienti: 1 kg di pomodori maturi tritati, 1 tazza da the di olio, 1 cucchiaio colmo di farina, 2 scalogni con " infilzati dei chiodi di garofano ", mezza stecca di cannella, bachari ( una spezie molto usata in Grecia ), noci tritate, sale e pepe.
Questa è la ricetta originale, alla quale ho aggiunto delle salsicce di cervo ( comprate a Metzovo ) tagliate a dadini che non starò qui a descrivervi perché solo loro meritano un post a parte.
vecchia cottura |
Mettere su una pentola di coccio una tazza di olio.
Quando questo inizia a bollire versare un cucchiaio di farina e con un mestolo di legno girare piano per evitare di formare i grumi.
Appena la farina assume un colore rosato aggiungere il pomodoro tritato.
Successivamente inserire gli altri ingredienti, lasciando la salsiccia di cervo alla fine della cottura. Aggiustare di tanto in tanto un po' d'acqua per dare al sugo la consistenza voluta.
il sugo in preparazione sulla brace |
vari ingredienti con sullo sfondo il libro della ricetta |
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sembra quasi che questo monaco esca dal libro per cucinare |
maccheroni ruvidi trafilati in bronzo |
Condirla con il sugo e spolverare su ogni piatto con una manciata di noci pestate con il mortaio.
Sapori di altri tempi in antiche ricette.
Certo che questi monaci ci sanno proprio fare in cucina.
Non sembra anche voi ?